Nico Cereghini: "Bambini in moto? Occhio!"

Nico Cereghini: "Bambini in moto? Occhio!"
Se si può evitare di trasportarli, tanto meglio. La legge dice che bastano cinque anni di età e gambe abbastanza lunghe da appoggiare i piedini sulle pedane. Ma i rischi sono tanti...
5 marzo 2019

Ciao a tutti! La settimana scorsa qui al Nord il meteo è migliorato parecchio, e l'inverno parrebbe già archiviato. Per me e per tanti altri come me non cambia molto, alla moto non abbiamo mai rinunciato, pioggia e freddo non ci spaventano: ma per la maggior parte della gente è arrivato il momento di tirar fuori dal box la "due ruote".

Finalmente. E insieme alla ritrovata mobilità, ecco ricomparire anche le peggiori abitudini. Una tra tante: il bambino equilibrista: possibile che un genitore sia tanto folle da trascurare la sicurezza della sua stessa creatura? Possibile, anzi frequentissimo.

Leggo che in Italia ci sono ancora molti genitori che in auto non utilizzano i seggiolini di sicurezza per i loro bambini. Ne incrocio anche a Milano e figurarsi se la coscienza fa un salto di qualità quando invece dell'auto si parla dello scooter. E allora, per cominciare, vale la pena di ripassare le regole. Primo: sotto i cinque anni di età nessun bimbo può essere trasportato in Italia su moto, scooter e ciclomotori. La multa è giustamente salata: da 161 a 646 euro in base all'articolo 170. E badate che sotto questo aspetto il nostro codice della strada è molto permissivo.

In altri Paesi, come in Spagna, in Croazia o in Austria, occorrono addirittura dodici anni, limite che soltanto in Spagna può scendere ai sette anni quando a trasportare il pargolo c'è uno dei due genitori. Secondo: il bimbo deve esser seduto in modo "stabile ed equilibrato, nella posizione determinata dalle apposite attrezzature del veicolo", in pratica, deve appoggiare entrambi i piedi sulle pedane: se i piedini restano sospesi, anche il bambino di cinque anni non è trasportabile e la multa fiocca, fino a 300 euro; a meno che si utilizzi uno di quei seggiolini riduttori, detti dispositivi di adattamento, che in alcuni Paesi europei sono obbligatori e qui da noi soltanto ammessi senza necessità di omologazione.

Sono quei seggiolini di plastica, adattabili a tutti i veicoli a due ruote, dove il bimbo (assolutamente slegato, perché la moto non ha la cellula di sopravvivenza dell'auto) può trovare il suo assetto comodo e stabile. Naturalmente ci vuole per legge un casco omologato e nella misura giusta per lui, e poi - aggiungiamo - un abbigliamento protettivo e il più possibile tecnico.

Trasportare i bambini davanti a chi guida è pericolosissimo, si capisce. Al mare ne incontri tanti, di piccoletti in piedi sulla pedana dello scooter, le manine ben serrate al manubrio, anche su strade trafficate e pericolosissime. In città? Peggio ancora

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Trasportare i bambini davanti a chi guida è pericolosissimo, si capisce. Al mare ne incontri tanti, di piccoletti in piedi sulla pedana dello scooter, le manine ben serrate al manubrio, anche su strade trafficate e pericolosissime. In città? Peggio ancora, la scivolata è una evenienza da considerare seriamente.

Eppure incrocio irresponsabili di ogni tipo, persino mamme e papà che passano col rosso mentre il ragazzino alle loro spalle smanetta a due pollici sullo smartphone. Io credo che il consiglio migliore che si possa dare sia: pensateci bene, non portate in moto i vostri bambini se non è strettamente necessario. A Milano io non porterei mai sulla mia moto un passeggero sotto gli 11-12 anni, e lo farei soltanto dopo averlo istruito per bene. Perché anche i ragazzini rischiano.

La scorsa primavera ho visto una adolescente sui dodici o tredici anni di gamba lunga, passeggera di un adulto maschio, che invece di tenere i piedi sulle pedane si divertiva a farli strisciare sull'asfalto quando c'era una curva o quando il mezzo zigzagava tra le auto. Alla prima sosta al semaforo rosso mi sono sentito in dovere di avvisare il guidatore, presumibilmente padre e ignaro: la ragazza rischiava seriamente di fratturarsi una gamba...
Non faccio nemmeno in tempo a dire "Scusa, ma..." che quello mi assale: "ma avete finito di rompere le p...? E perché non vi fate i c... vostri?". Non ero il primo a preoccuparmi della sua passeggera e delle sue gambine, evidentemente, ma mi ha colpito parecchio che l'ultimo a darsene pensiero fosse proprio lui. Strana gente.

Editoriale_05-03-2019