Nico Cereghini: “Bravo Melandri! Te lo dico anch’io”

Nico Cereghini: “Bravo Melandri! Te lo dico anch’io”
Marco era un bel talento, campione della 250 e protagonista anche in MotoGp. Poi una lagna, con il peggio nell’anno Ducati. Ora sono felice per lui | N. Cereghini
29 marzo 2011

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Ciao a tutti! Non sono mai stato un grande tifoso di Marco Melandri, però sono contento di questa sua prima vittoria in SBK. Contento per lui, per la squadra che lavora nel box, per la Yamaha Motor Italia che sta ritrovando la voglia di sorridere. Bello che un pilota che soffriva, che non riusciva più ad esprimersi, abbia trovato una formula che gli piace proprio. Veloce, consistente, vincente: un Macho Melandri che non mi aspettavo più.

Sono stato tra i suoi primi sostenitori quando Marco arrivò in 125, nel 1998, e fu subito capace di vincere due gare mondiali ad Assen e a Brno. Lì mi conquistò. E la stagione successiva, quando all’ultima corsa disperatamente si oppose ad Alzamora in modo scorretto, lo ripresi com’era giusto, però lo compresi perché entrai nei suoi panni. Melandri aveva vinto cinque gare, Alzamora zero: era ingiusto che a vincere il titolo fosse l’attuale manager di Marquez, e per un punto solo: finì 227 a 226…

Campione del mondo della 250 nel 2002 con l’Aprilia, dieci vittorie colte in un biennio in quella cilindrata, Marco è passato nel 2003 in MotoGp. Due stagioni difficili sulle Yamaha e poi lo splendido 2005 sulla Honda, con le prime vittorie e il secondo posto finale. Guardate che in quella fase Melandri era forte davvero, e anche nei due anni successivi è svettato spesso tra i protagonisti. Adesso appare curioso che la Ducati l’avesse cercato prima di schierare Stoner, perché quando Marco passò sulle rosse nel 2008 fu un disastro. A Borgo Panigale lo stimavano, poi lo crocifissero e probabilmente con qualche torto.

Bisogna anche dire che lui è un tipo difficile. Veloce, bel pilota di classe, ma difficile. E’ gentile ed educato, però spesso confuso, incerto, contorto e indisponente. Ha avuto tanta gente che l’ha aiutato e però con molti ha chiuso male, lasciando cocci rotti in tanti angoli. Probabilmente è la sua storia personale, ad averlo condizionato, perché so che ha subìto gravi perdite da piccolo, e quelle sono ferite che lasciano dei segni.
Ma adesso è lì sulla R1, in Superbike. E’ bello che non abbia più bisogno di scuse, di ragionamenti cupi davanti alla telecamera, di lamentose giustificazioni. Guida bene, vince, convince. Una seconda carriera che si apre.

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