Nico Cereghini: “Casey Stoner sotto l’ombrellone”

Nico Cereghini: “Casey Stoner sotto l’ombrellone”
Ramon Forcada rivela confidenze inedite di Stoner, forse per provocare Lorenzo. E aspettando Brno, ancora così lontana, la guida speciale e vincente dell’australiano ritorna al centro della scena
25 luglio 2017

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Ciao a tutti! Si torna a parlare di Casey Stoner, e con il deficit di gare che c’è (grazie al calendario che tiene ferma la MotoGP per oltre un mese) anche un ex diventa un buon argomento balneare.
Perché tutti sanno che l’australiano è il pilota più talentuoso e misterioso del motociclismo moderno; supera addirittura Freddie Spencer, il mitico numero 19 che nell’85 fece l’ultima doppietta 250/500, e che nell'86, in testa alla 500 nel primo GP (Spagna, Jarama, 4 maggio, tutti restammo increduli), alzò il braccio improvvisamente a metà corsa e rientrò ai box.

Da quel giorno, pur provandoci a più riprese, lo stesso Freddie che aveva vinto ventisette volte in quattro stagioni (con tre titoli mondiali) non riuscì a conquistare una corsa, una coppa, nemmeno a salire una volta sul podio. E non si è mai capito come e perché si sia spento l’interruttore.

L’abbandono di Stoner, pur prematuro, non è affatto misterioso, perché Casey ha detto chiaramente “sono stufo” e semplicemente se n’è tornato a casa, rivelando una gran forza di carattere. E anche se poi un minimo di ripensamento deve averlo avuto - ha litigato con la Honda che gli ha negato la partecipazione ad una gara - nessun dubbio può appannare il suo talento: Ramon Forcada, in una recente intervista, ha detto che «Stoner poteva vincere tutti i mondiali che voleva». I misteri sono altri, e il primo di tutti, mai davvero chiarito, è come facesse, solo lui, a far andare così forte quella Ducati.
 

Ramon Forcada sostiene che Casey aveva bisogno di sentire molto l’anteriore, che per questo era caduto tanto al primo anno di MotoGP con la Honda e le Michelin troppo morbide, e che con la Ducati fu subito magia perché la Bridgestone era eccezionale

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Adesso Forcada sostiene che Casey aveva bisogno di sentire molto l’anteriore, che per questo era caduto tanto al primo anno di MotoGP con la Honda e le Michelin troppo morbide, e che con la Ducati fu subito magia perché la Bridgestone era eccezionale.  «Mi disse che la moto non era meravigliosa - dichiara il super tecnico Yamaha su Motosport.com - ma che con quella gomma davanti poteva fare quello che voleva».
I conti tornano, se confrontiamo anche oggi i due pneumatici, ma il punto che mi interessa è: si può sapere davvero quale era il segreto di Stoner?

In Ducati, mi ricordo bene, in quegli anni se la ridevano limitandosi a dire. “Semplicemente, è il migliore: nessuno starebbe in piedi con le sue regolazioni”. Lui abbottonato, giustamente, il pilota non spiega come guida.
Dalla sua autobiografia capisci che aveva imparato fin da bambino, girando tutto il giorno sul prato, a guidare col gas senza bisogno di far perno sulla ruota davanti. E in tanti lo abbiamo avvicinato a Marc Márquez proprio per questo: perché lo spagnolo della Honda ci ricorda molto lo Stoner del secondo titolo 2011, se ne frega se l’avantreno non è un compasso, e fa girare col gas anche la moto che salta da tutte le parti.

 

 

Naturalmente si può semplificare affermando che Stoner e Márquez hanno un talento superiore, condito con una reattività e un controllo specialissimi. Ma io non mi accontento, ho passato la vita a studiare come guidava Agostini, come Spencer ha modificato le traiettorie, come Schwantz ha mutuato dal cross la pressione sulle pedane, come Rainey portava la moto a scivolare su gomme di legno e come Rossi ha cambiato la sua guida attraversando le diverse generazioni di moto. E oggi cerco di capire perché Jorge Lorenzo non riesca a sfruttare la Ducati.

Il talento è fondamentale, ma non spiega tutto, e i segreti di guida di Stoner continuano ad appassionare.

 

Editoriale Nico
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