Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Ciao a tutti! Ogni tanto accadono fenomeni inattesi, e una piccola scintilla può innescare una gigantesca esplosione. Mi è successo la scorsa settimana. Sulla mia pagina FB posto la fotografia di una vecchia moto con un po’ di storia ma poco conosciuta, la special di Giuliano Segoni con il telaio monotrave e il motore Laverda 750 SFC. Restaurata perfettamente dall’olandese Van der Schalk, è una moto che ha fatto una sola gara, il Bol d’Or del settembre 1973 con la coppia Cereghini-Daneu, concludendo sì quella 24 Ore di le Mans, ma tra mille problemi e in penultima posizione.
La fotografia mi arriva da Piero Laverda. Quando la pubblico con un breve testo che inquadra la vicenda, e cito Giuliano e Giancarlo Daneu -che sarebbero felici di rivedere la loro moto e che purtroppo non ci sono più- non mi attendo certamente di scatenare una reazione di massa. E invece: sessantamila visualizzazioni, 211 condivisioni e 4.300 like, cioè mille like più della mia intervista a Valentino di pochi giorni prima…
I commenti sono più di trecento e raccontano di una passione che si stenta a credere. Passione per il famoso telaista fiorentino, per le Laverda 750 e 1000, per le 24 Ore, per il restauro ben fatto, per tutte le moto del mondo e in particolare per quelle degli anni Settanta. Passione e rispetto per quei tempi e per quelle persone, come il collega Giancarlo Daneu, genovese tester e architetto che rimpiango insieme a molti di voi.
C’è Lorenzo, il figlio di Giuliano, che posta le quattro pagine di un articolo che pubblicai allora sul Pilota Moto per raccontare il nostro Bol d’Or; c’è chi raccomanda di ricordare anche i nomi di Lelio Lotti e Mario Calonaci, che sulle Segoni lavoravano; c’è Andrea che posta la foto dei due fratelli Segoni dietro alla moto e c’è Davide che ricorda le lezioni di Roberto, il maggiore, suo insegnante di design industriale alla facoltà di architettura.
E ancora c’è Silvano che nel giugno del ’73 iniziava a lavorare proprio nell’officina di Firenze che faceva i pignoni e le corone per quella moto. E c’è Romano Bertolani, che prima di ieri non conoscevo, che di quella Segoni aveva costruito i serbatoi del carburante e a distanza di cinquant’anni ancora non si dà pace: i serbatoi vennero pronti all’ultimo momento, non furono lavati per la fretta e da lì sorsero ripetuti problemi di intasamento dei filtri benzina. Io gli ho subito risposto: non fartene un cruccio Romano, era tipico di Segoni finire la moto all’ultimo momento. Lui ringrazia per la comprensione, poi Van der Shalk gli comunica di aver realizzato uno stampo per il fondo del serbatoio e allora Romano suggerisce: se trovi una sella io ho lo stampo del cupolino, puoi farci delle repliche…
Io credo che tutte le passioni siano importanti perché sono capaci di rendere migliore la vita. Ma la passione per la moto: saremo anche di parte, non lo nego, ma è difficile raggiungere questo livello di condivisione emotiva e di partecipazione tecnica.