Nico Cereghini: "Ecco la Paton Replica"

Nico Cereghini: "Ecco la Paton Replica"
La Paton ha festeggiato i 50 anni da un po', nel 2008. Un pomeriggio di sole, qualche nostalgia, prendo la mia moto e vado là. Per riempirmi gli occhi e ripassare mezzo secolo di motociclismo... | N. Cereghini
26 gennaio 2012


Roberto Pattoni è il figlio del grande Giuseppe, il costruttore milanese delle Paton. A sua volta padre di due nuovi Pattoncini di 22 e 18 anni, una femmina e un maschio. La famiglia comprende anche la sorella Luciana e mamma Romilda, classe 1925, che è ancora in bella forma. Da ragazzino, finita la scuola professionale, Robertino aveva cominciato a seguire il papà sulle piste di tutto il mondo; in tanti ce lo ricordiamo dolce e timido nella sua tuta verde. E adesso che il “Pep” dal ‘99 non c’è più e lui è cresciuto fino a passare i cinquanta, lo si può trovare ancora come allora in officina, a Settimo, appena fuori dalla tangenziale, mentre traffica sulle moto di sempre. Stessi occhi azzurri, stessi gesti, stesse carenature verdi come se il tempo si fosse fermato. Su cosa lavora Roberto? Se qualche amico arriva a chiedere un intervento su una vecchia Vincent 1000 o su una più fresca HD 250 lui non si tira indietro, ma il cuore della faccenda è la Paton 500 bicilindrica da GP del ’68, per essere precisi la costruzione della BIC 500 8V RU. L’ultima sigla sta per “riedizione ufficiale”, insomma una replica d’autore.

Guardo questo bel motorone dai cilindri tondi e dalla testata spettacolare e mi dico che motori così belli non se ne fanno più. Pezzi da museo dell’arte

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Un pomeriggio di sole, qualche nostalgia, prendo la mia moto e vado là. Per riempirmi gli occhi e ripassare mezzo secolo di motociclismo. La Paton ha festeggiato i 50 anni da un po’, nel 2008.

“Il progetto bicilindrico originale – snocciola Roberto per la centesima volta ma con lo stessa pazienza della prima - era nato nel ’64 o anche più in là: era una 250 che andò in pista con Zubani, e che fu terza al TT con Alberto Pagani. Poi divenne 350, poi credo intorno ai 400, poi finalmente 500, per la prima volta con le molle coperte. Ecco dove nasce la nostra replica, sulla base di quella usata da Bertarelli nel 1968 dopo il titolo italiano del ‘67 di Angelo Bergamonti”.

Nomi di piloti che per me (e per tanti) sono facce nitide sotto i caschi Cromwell, sorrisi felici, vittorie e podi; ma anche mani sporche d’olio, cadute e lutti. Io ho fatto in tempo a correre contro l’ultima Paton bicilindrica del ’75, che con il telaio Bimota, il primo nato per le corse, trovò una relativa giovinezza nelle mani di Ramon Toracca e Virginio Ferrari. Che battaglie! Le verdone del Pep avevano una bellissima guida e lottavano onorevolmente contro le nostre prime bicilindriche due tempi.

“La guida è ancora la più bella – afferma sicuro Roberto - e poi viene la facilità di gestione. Ventiquattro pezzi consegnati, la venticinquesima il prossimo aprile, e i nostri clienti, in una stagione di gare classiche, se la cavano da soli: cambio d’olio e via. C’è un inglese che in quattro anni di rievocazioni, uno che non spinge al massimo, non ha mai aperto il motore. Sono 72 cavalli alla ruota per il motore standard, ma siamo arrivati a 85 all’albero nelle versioni speciali”

Guardo questo bel motorone dai cilindri tondi e dalla testata spettacolare e mi dico che motori così belli non se ne fanno più. Pezzi da museo dell’arte. E’ un bicilindrico parallelo a 180 gradi, otto valvole con la distribuzione bialbero comandata dalla cascata di ingranaggi centrale; il Paton ha il basamento in magnesio e il cambio (estraibile) a sei marce, due carburatori Dell’Orto da 40, accensione elettronica. “Il controllo di trazione c’è?” chiedo per ridere, e Roberto mi fa notare che la gomma posteriore è da 3.00, è stretta, e davvero a giocare con i gas ci vuole una bella sensibilità. Costa 72.000 euro più tasse, la moto, con il suo telaietto classico e sottile, con i freni a tamburo Fontana replicati dal figlio di Menani, con la forcella Ceriani, da 35 come prescrive il regolamento.
         

Che battaglie! Le verdone del Pep avevano una bellissima guida e lottavano onorevolmente contro le nostre prime bicilindriche due tempi


Al TT vogliono i freni a disco (non flottanti però) per motivi di sicurezza, e all’sola di Man questa Paton si è conquistata un palmares eccezionale. E’ la moto più titolata tra le Classiche, seconda già nel 2006 con Steve Linsdell, poi prima dal 2007 al 2009 con Ryan Farquhar che da quelle parti è un mito, uno che corre su strada anche con le moderne SBK; e nel 2010 Oliver Linsdell, il figlio di Steve, ha stabilito un record a quasi 112 miglia di media, nelle prove; poi niente gara perché si è rotto le ossa in sella ad una Yamaha 600. Ma le gare vinte non si contano anche in Francia, in Belgio, in Italia dove Marco Dall’Aglio è il campione nazionale, naturalmente con la Paton. C’è una BIC 500 8V RU anche in Usa, ed una la puoi trovare in Australia.

A farle pezzo per pezzo sono in tre: con Roberto collabora da sempre Claudio Colombo, che di mestiere fa tutt’altro ma per vocazione è disegnatore e saldatore di telai; e poi Andrea Realini. Metto via la macchina fotografica e dico che tornerò presto, alla Paton. Mi è venuta la voglia di raccontare la storia intera, da quando il Pep lavorava al reparto corse della Mondial insieme a Lino Tonti, e poi Hailwood, Bergamonti, Gallina fino alla 500 quattro cilindri due tempi dell’83, la V4 che nel 2001 fu bandita dall’IRTA. Sempre che abbiate voglia di ascoltarla.

 

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