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Ciao a tutti! Una foto che emerge dal passato, un ricordo che affiora con tutta l’emozione di allora, e ti rendi conto che la moto ha significato tanto nella tua vita. Non tutto, certo, ma tanto. Da ragazzo pensavo che la motoretta di quarta mano che allora potevo permettermi fosse soltanto un ripiego, e che la strada che facevo la mattina presto verso il liceo fosse una tappa insignificante in attesa di guadagnare qualche soldo, permettermi una moto vera, e partire. Invece ero già dentro nella mia storia. In pieno.
Tutti i ricordi vanno conservati con cura, anche se sembrano poco importanti, perché sarà bello leggerli tanti anni dopo alla luce dell’esperienza; e spesso, vi assicuro, vi sorprenderà scoprire che erano pieni di significati. Allora, se volete e anche se non siete dei vecchietti con una vita alle spalle ma dei ragazzi proiettati nel futuro, avanti con un’altra classifica: i cinque ricordi più appassionanti. Intorno alla moto, naturalmente. E comincio con l’elencare i miei.
Al primo posto, manco a dirlo, la velocità: quella sensazione di estasi assoluta che provai a diciassette anni, tutto spianato (senza il casco) sulla mia Gilera 98 Giubileo. L’ago del tachimetro ballava intorno ai 100, saranno stati forse 90 chilometri orari effettivi, ma per me che venivo da un cinquantino sfiatato era una soglia spaziale. Mai provato un’emozione simile, parlando di velocità, nemmeno a 300 all’ora sulle GP 500 di dieci anni dopo.
Al secondo posto la moto con la ragazza. Non potrò mai dimenticare la prima volta che misi insieme i due soggetti del mio desiderio, le mani di lei allacciate intorno a me, il contatto morbido contro la mia schiena soprattutto in frenata. Non avrei voluto fermarmi più.
Al primo posto, manco a dirlo, la velocità...
Al terzo posto infilerei un ricordo di corse, ce ne sono tanti di bellissimi che utilizzo quando il morale è basso, ma non vale: qui parliamo di strada e di esperienze comuni. E allora torno sulle primizie: la prima volta che scoprii l’alta tecnologia. Nel mio caso era il primo freno a disco, montato all’avantreno della Honda 750 Four nel 1970. Ricordo il giorno preciso e l’ora: a metà pomeriggio di un giovedì sulla superstrada Milano-Lecco. Ero scettico: frenerà davvero? Ma ero anche disposto a fidarmi perché i tamburi di allora avevano un problema enorme: scaldandosi, per esempio in discesa, ti mollavano. C’era un disco solo, sulla Honda, ma mi sembrò fenomenale.
Al quarto posto un notte d’agosto in Grecia, luna piena che illuminava a giorno un ampio sterrato deserto e ben tenuto. Oggi non si può fare (e i benpensanti mi diranno “anche allora!”), come giri la chiave si accendono le luci anabbaglianti; ma quei pochi minuti a fari spenti restano lì come una magia irripetibile.
Così come il quinto ricordo della mia modificabile classifica personale: la prima volta che scesi in pista. Ducati 250 Desmo grigio argento, pista corta di Monza, pioggerella autunnale, giubbino di nylon blu, niente guanti perché proprio non li possedevo, casco bianco a scodella in prestito. E la scoperta che sul bagnato ci sapevo fare.
Avete voglia di elencare e raccontare i vostri ricordi?