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Caio a tutti! Sulle piste ciclabili le idee non sono chiare, nonostante ci si lavori da molti anni e sia un tema che riguarda tutti, anche noi motociclisti (più avanti spiego come). Comincio da Milano, dove in questi giorni c’è un vero terremoto, c’è un assessore che rischia di andare a processo per omicidio colposo e c’è un sindaco che fa un appello al ministero: chiariamo la materia oppure ci fermiamo.
I fatti. Nel 2023 sulla pista ciclabile di via Francesco Sforza, sulla cosiddetta cerchia dei navigli, la ciclista 39enne Cristina Scozia aveva perso drammaticamente la vita, travolta da una betoniera. Secondo i PM, a conclusione delle indagini, quella corsia non era “conforme al codice della strada” e così Marco Granelli, oggi assessore alla sicurezza e allora assessore alla mobilità - che firmò a suo tempo la delibera per la realizzazione di quella pista ciclabile - rischia il processo.
Perché la pista ciclabile non era conforme? A Milano sono 328 i chilometri dedicati a chi va in bicicletta. Il 36% di questi km è composto dalle corsie con il cordolo di separazione (qualche volta un ampio marciapiede, altre volte no), mentre il 24% dei percorsi è in “segnaletica”, cioè con le strisce dipinte sull’asfalto. Poi c’è il 18% di spazi promiscui (ciclabili e pedonali) e i km restanti sono occupati dalle zone di Area30.
La ciclabile di via Sforza era ed è tuttora segnalata da due strisce continue, una bianca e una gialla. E’ una scelta obbligata, ha spiegato giustamente il sindaco Sala, perché Milano ha le vie strette. E Sala ha aggiunto: se dovessero essere realizzate soltanto quelle con il cordolo noi non potremmo più procedere.
Il Corriere dela Sera riporta anche la conferma di Pina Pinzuti , che è una “cicloattivista” premiata dall’Onu, una figura attendibile della mobilità su due ruote, che dice: le strisce a terra sono meglio di niente, anche a Berlino e in altre grandi città si fa così.
E qui entra in gioco il motociclista. A noi come a tanti altri capita spesso di percorrere via Francesco Sforza e crediamo che piazzare un cordolo tra il traffico e le biciclette sarebbe più pericoloso che utile: lo spazio è limitatissimo e la possibilità di finirci contro con le ruote della moto, soprattutto alla sera e in condizioni di scarsa visibilità, sarebbe alta. Sarebbe un ostacolo in più, una trappola per la nostra sicurezza.
Piuttosto, non è forse arrivato il momento di ragionare a fondo sulla realizzazione e sulla politica delle piste ciclabili e più in generale sul traffico privato nelle grandi città? Perché qui nulla è definito. Restando al caso di Milano, sappiate che nel 2015 c’erano 137 km di corsie per le bici e oggi sono più che raddoppiati. Ma le vittime, invece di diminuire, aumentano.
Qualcosa non va. Anzi, molto non va. Crediamo che il Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture debba fare molto di più per sviluppare la materia delle ciclabili e della sicurezza dei cittadini in movimento. Delegare le soluzioni ai sindaci non ci sembra affatto la politica giusta: se un assessore rischia l’incriminazione per omicidio colposo, il sindaco perderà i suoi assessori, nessuno vorrà più firmare una delibera.