Nico Cereghini: “Comparative, che passione!”

Nico Cereghini: “Comparative, che passione!”
Sempre piaciute tanto, ai lettori e anche a chi le fa. Trovo che tutte le prove nel tempo siano cambiate: prima sempre più strumentali e scientifiche, oggi più semplici, calde e personali. Meglio oggi, anche qui
27 novembre 2018

Ciao a tutti! Faccio due calcoli e scopro che, per quello che mi riguarda, dalla prima all’ultima prova comparativa della mia vita sono passati quarantasei anni. E mezzo. Nella primavera del 1972 ero a Monza a confrontare le 750 stradali per l’unica rivista dell’epoca; e alla fine di ottobre, venti giorni fa, eccomi al Penice in sella a tre maxienduro tra gli 800 e i 1000 con il Perfetto e il Gissi. Sempre con la stessa voglia di guidare, piegare e divertirmi. In quel 1972 cominciavo anche a correre con la Laverda 750 SFC, e chissà, avrei potuto diventare qualcuno perché sono sempre stato il più rapido della compagnia, dalle prime uscite con gli amici sulla Como-Bellagio fino alla 24 Ore di Le Mans sul bagnato; oppure potevo trasformarmi in un manager di successo come hanno fatto tanti colleghi di allora che dalla moto sono passati ad altro. Invece sono sempre qui, ne sono contento e oggi voglio solo fare una comparativa delle prove comparative. Perché questo genere di prove, da sempre il più amato dai lettori, qui da noi è cambiato moltissimo.


Quella di Monza fu la prima prova comparativa che si vide in Italia: Guzzi V7 Sport, Laverda SF e Ducati GT contro le giapponesi Honda CB Four, Kawasaki Mach IV, Suzuki GT. Prima una giornata alla pista Pirelli di Vizzola Ticino per l’accelerazione e la frenata (quattro fotocellule e una bindella di 25 metri per misurare lo spazio di arresto), poi la pista Stradale di 5.750 metri, che era bella veloce: cinque curve a destra e una sola a sinistra (l’Ascari) e ancora non c’erano le varianti. Sui 400 metri da fermo la Kawasaki rifilò da uno a due secondi a tutti, la Guzzi vinse il confronto in pista (bastò il cronometro manuale), la Laverda ottenne la miglior frenata e la Ducati era ancora indietro: la Sport sarebbe arrivata l’anno dopo. Erano tutte moto perfettamente di serie? Chissà. Ciò che conta è che la prima comparativa fu strumentale, era la prima volta che si provava a quantificare persino le vibrazioni; e però fu anche un po’ emozionale con qualche “dietro le quinte”.


Negli anni successivi, gli Ottanta e i Novanta, le prove delle nuove moto – e anche quelle comparative- diventarono sempre più scientifiche e asettiche. Solo lavoro e troppa ambizione. Si cercava di misurare tutto, l’attrezzatura divenne sempre più raffinata e costosa, si arrivò agli eccessi: alle 125 da 190 all’ora “curate” dai reparti corse di Aprilia e Cagiva, al mezzo cavallo contestato dalle Case, ai 5 kmh che determinavano il mercato delle 1000 sportive. Sempre più cavalli, consumi neanche considerati, solo prestazioni pure ed esaltazione collettiva, dei giornalisti come dei lettori. In seguito, per fortuna, lo spazio per la strumentazione di rilevamento è stato progressivamente ridimensionato a favore delle emozioni e delle sensazioni. Come è giusto: chissenefrega della velocità massima, chissenefrega dell’accelerazione da fermo e della velocità di uscita dai 400 metri, cosa contano gli spazi di frenata da 150 e 100 e 50 all’ora se ogni volta cambiano l’asfalto e chi guida la moto...Come dati bastano le prove al banco per i motori e due riferimenti certi sui consumi, oltre naturalmente a una buona dose di competenza e passione. E invece della classifica finale tanti giudizi personali, comparati in tempo reale in un video ben fatto. Come riassume brillantemente il lettore Lucatwin1 nel quarantesimo commento della nostra ultima prova al Penice, “le comparative devono far risaltare le caratteristiche di ciascuna moto, in ogni aspetto, e solo così il lettore potrà fare la sua scelta personale e meditata”.

Nico, le comparative
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