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Ciao a tutti! Complimenti a Marc Marquez, quinto titolo della MotoGP in sei anni..! Ecco un pilota a cui riesce quasi tutto facile. Invece di infilarmi tra le celebrazioni (troppo scontato) oggi mi lancio in una analisi difficile e mi chiedo cosa stia succedendo a Danilo Petrucci, che da qualche gara sembra stentare: mi dicono che da quando ha firmato il contratto 2019 si sente un po' troppo sotto pressione, e che ha l'onestà di ammetterlo. Alla fine della stagione sarà un pilota ufficiale nel team ufficiale Ducati, una specie di sogno per tutti, da che la Desmosedici è diventata supercompetitiva, e però evidentemente per Petrucci la faccenda è un po' più complicata. Danilo è un pilota veloce, tosto, atipico: nasce sportivamente sulle Superstock 600 e 1000, non ha fatto la solita gavetta; in MotoGP dal 2012 con Ioda e Art, nel team Pramac dal 2015 e sulla moto ufficiale dal 2017, di fatto lavora da anni con Ducati, conosce benissimo la moto e l'ambiente, sa che se lo hanno designato per quel posto di fianco al Dovi allora vuol dire che lo merita. Teoricamente dovrebbe sentirsi valorizzato e ancora più forte. Invece è sempre rimasto in famiglia, forse è qui il problema, e l'idea di dover fare il grande salto evidentemente lo preoccupa.
Perché la mente fa degli scherzi che uno non si aspetterebbe. Guardate cosa è capitato a Jorge Lorenzo, per restare in casa Ducati. Naturalmente sono saltate fuori spiegazioni razionali, per quella sua improvvisa rinascita del Mugello 2018 dopo venti gare da comprimario, guarda caso appena ufficializzato il divorzio dalla Ducati. Ci hanno assicurato che stava migliorando costantemente, anche se da fuori nessuno lo avrebbe detto, e il famoso copri serbatoio risolutore è diventato una leggenda. Ma basterebbe uno studente al secondo anno di psicologia per spiegarci quel clic, scattato in automatico nella testa di Jorge alla vigilia del GP d'Italia: una vocina nella testa, Ducati non mi vuole più, non si aspetta più nulla da me, adesso sono libero, leggero come l'aria, via quel peso dalle spalle che mi bloccava da un anno e mezzo...
L'idea di dover fare il grande salto evidentemente lo preoccupa
La storia della moto è piena di episodi simili oppure opposti: di piloti oppressi dalla responsabilità o al contrario galvanizzati. Il Dovi è della seconda specie, lo ha dimostrato già l'anno scorso, e vi ricordate Sete Gibernau? Era arrivato in MotoGP per simpatia e per nascita, era il nobile ed educatissimo nipote di Ignacio Bultò. Una sola vittoria in sette anni di carriera e Gresini lo aveva riportato alla Honda (dopo un sedicesimo posto in campionato con la Suzuki...) e messo di fianco a Daijiro Kato senza nessuna aspettativa. Invece, quando purtroppo il giapponese cadde sulla pista di Suzuka il 6 aprile, prima gara del 2003, e dopo due lunghe settimane di coma morì, di fronte alla necessità lo spagnolo letteralmente sbocciò. Immaginatevi che clima si respirava, nella squadra, e quanto sia stato stressante quel periodo anche per Gibernau. Tuttavia, promosso sulla moto ufficiale, conquistò subito una vittoria che dedicò al compagno, poi altre tre, cinque volte fu secondo, fu l'unico vero avversario di Valentino Rossi; e lo stesso miracolo seppe fare nella stagione successiva.
E Petrucci? Adesso bisogna che qualcuno lo aiuti a superare un momento difficile. Sulla carta il 2019 della Ducati parrebbe delicato, contro l'inedito squadrone della Honda, ma ci andrei piano: la mente dei piloti lavora molto diversamente dalla telemetria e dal banco prova, le sorprese sono sempre possibili.