Nico Cereghini: “Ecco perché ammiro moltissimo i piloti di oggi”

Nico Cereghini: “Ecco perché ammiro moltissimo i piloti di oggi”
Una pagina amarcord per raccontare i tempi moderni. L’occasione mi viene da una vecchia foto, scattata a Imola nel lontano 1977 da Maurice Buhla: eccola qua, il vostro giornalista barbuto in gara su una Bimota HDB2 250
11 dicembre 2023

Ciao a tutti! Fu una domenica particolare: Massimo Tamburini mi offrì la possibilità di affiancare alla 500, per una volta, anche la classe 250. Quell’anno Bimota fece oltre trenta pezzi di questa bella GP per i privati, motorizzata con il bicilindrico due tempi Aermacchi-HD 250 e 350. “Ci corri e la provi per il tuo giornale” propose il mitico Tamburini. E a me l’idea piacque subito, la 250 era una una gran bella classe, divertentissima per un pilota, e tre anni prima, tra gli juniores, con una Suzukina 250 avevo raccolto due primi e due secondi posti. Magari avrei fatto molto bene, pensai. Anche perché il grande Walter Villa, quattro titoli mondiali appena conquistati con le HD 250 e 350 tra il ‘74 e il ‘76, il sabato pomeriggio mi vide e buttò lì: “Lo vuoi uno dei miei motori ufficiali?”. Walter era un amico, il faro delle nostre battaglie sulla sicurezza con l‘associazione piloti. Lì per lì toccai il cielo con un dito.

Si sa, non tutte le ciambelle escono col buco: montato la sera il motore ufficiale, il mio meccanico si accorse che le espansioni di Villa non ci stavano, nel telaio Bimota. Fatto sta che con gli scarichi standard (e magari qualche silentblock dimenticato nella fretta) la moto andava poco e vibrava tanto, troppo. A quell’epoca le vibrazioni erano un problema per tutti i bicilindrici due tempi, ma in questo caso dovetti arrendermi dopo tre giri di gara: su quel frullatore non vedevo nemmeno la pista, alla Piratella a momenti mi ammazzo.

Gara dimenticabilissima, per quanto riguarda il mio risultato, ma una vicenda che mi “solletica i confronti”. Ieri erano le vibrazioni a complicare la vita del pilota, oggi è il calore. Ieri i piloti si guardavano in giro, scherzavano tra loro, chiacchieravano con il pubblico nel paddock; oggi non lo fanno quasi più. Perché?

Perché non ne hanno il tempo, perché l’esasperato professionismo, comune a tutti gli sport e a tanti aspetti della nostra vita, assorbe tutte le energie. E’ il prezzo (amaro) del progresso. I piloti della 500 dei tempi miei si chiamavano Sheene, Lucchinelli, Cecotto, Rougerie; sfilata la tuta erano dei mattacchioni che non avevano mai sudato in una palestra, sempre pronti a giocare e organizzare scherzi. I piloti della MotoGP di oggi sono costretti a lunghi briefing e debriefing con gli ingegneri e i tecnici delle sospensioni e delle gomme. Ore e ore di impegno mentale dopo ore e ore di allenamento fisico e psichico con i coach.

Poi è chiaro, gente come Massimo Tamburini e Walter Villa (o come Sheene e Lucchinelli) non nasce ogni anno. Ma siate comprensivi con i piloti di oggi e ammirateli come meritano: si divertono meno, lavorano tanto di più e vanno fortissimo, perché portare al limite una moto da corsa è sempre una cosa molto difficile. E’ un’arte, che pretende immenso talento, tanto impegno e la stessa identica passione che avevamo ieri.

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Da Automoto.it