Nico Cereghini: “Gomito a gomito con rancore”

Nico Cereghini: “Gomito a gomito con rancore”
Arrivi a sportellate, come quello della Superstock 1000 domenica scorsa, possono accendere profonde rivalità. Ma che competizione è se si corre tra amici? Qualche volta occorrono anni perché due piloti smettano di detestarsi | N. Cereghini
30 aprile 2013

Punti chiave


Ciao a tutti! L’arrivo spettacolare della Superstock 1000 ad Assen, domenica, ha suscitato qualche protesta. Il francese Barrier, tentando il tutto per tutto, è sembrato voler speronare il nostro La Marra; e il contatto c’è stato, potenzialmente pericoloso, però ammortizzato dai gomiti e alla fine incruento. Eddy La Marra non si è arrabbiato più di tanto, vittoria della Ducati Panigale sulla BMW e rivincita alla prossima puntata. Personalmente, visto e rivisto al ralenty il movimento del francese, suggerisco che lo speronamento possa essere stato involontario, almeno in parte. Barrier era più lento all’uscita della variante (che aveva impostato alla spera in Dio attaccando La Marra), ha dato gas e forse anche sfrizionato un po’, la BMW si è impennata e la linea ormai era quella. Il gomito in fuori può essere il gesto istintivo di chi vuole proteggersi.

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E mi torna alla mente una volontaria gomitata celeberrima: quella tra Bradl e Cadalora, a Misano, nella 250 del maggio ’91. I due uscirono appaiati dalla Brutapela che era l’ultima curva prima del traguardo (e che era un trappolone fatto apposta per creare guai, proprio come la variante di Assen); il tedesco fu il

Il tedesco fu il primo a sportellare, Luca replicò, l’arrivo fu il più incredibile che abbia mai visto

primo a sportellare, Luca replicò, l’arrivo fu il più incredibile che abbia mai visto: due moto inclinate come le falde di un tetto, le spalle dei due piloti a spingere, i gomiti aggrovigliati; solo che il gomito di Cadalora era davanti a quello del rivale, e per 9 millesimi vinse l’italiano. Bradl era furioso, urlava e minacciava, non voleva nemmeno salire sul podio, e il fratellino di Cadalora, Alessio, mi guardava spaventato: e se lo picchia? Per anni e anni Bradl non rivolse più la parola al “nemico” e soltanto due anni fa proprio a Misano, in un incontro di pacificazione, Helmuth prese Luca da parte e gli presentò il figlio Stefan, che adesso corre in MotoGp. “Ero un bambino piccolo, allora –ha precisato Stefan- avevo meno di due anni. Ma per tutta la mia infanzia tu per me sei stato il diavolo, ti ho odiato con tutte le mie forze”. Come può odiare un bambino che vede il padre distrutto.


L’odio tra i piloti, ecco l’argomento. La competizione più esasperata può generare un sentimento del genere? Si parla spesso di sana rivalità, sana perché funzionale al risultato; però la rivalità qualche volta va oltre, forse molto vicino all’odio momentaneo, come pare il caso di quel calciatore che ha morso l’avversario. Odio vero e proprio, inteso come sentimento duraturo, certamente nel nostro sport non ne ho visto mai. Però ho visto molti piloti che si detestavano profondamente: Senna e Prost non si potevano vedere, Ago e Phil Read non si parlarono per anni, tra Rossi e Biaggi si sfiorò la rissa. Credo che nell’essenza dello sport ci sia anche la rivalità spinta e viscerale. Poi magari tanti anni dopo si supera tutto e si fa addirittura la pace, Bradl e Cadalora si sorridono, forse La Marra e Barrier faranno le vacanze insieme. Quanto ad Agostini, è vero, adesso rivolge la parola a Read; però di sicuro lo aiuta la consapevolezza che la gara, alla fine, l’ha vinta lui: che è in gran forma, ricco, realizzato. Una forte rivalità non finisce nemmeno quando si appende il casco al chiodo.

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