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Oggi parliamo di linee. Su strada non si seguono quelle teoriche: troppo pericolose. Eppure si possono cercare traiettorie di grande soddisfazione. Specie nella serie di tante curve diverse.
Ciao a tutti. Oggi seconda puntata sulla guida. Dopo avervi raccontato come uso il motore, il cambio, l’acceleratore e i freni nella mia guida che ho definito dolce, è il momento di analizzare le traiettorie. Che devono essere dolci e progressive anche loro. E che si mantengono sempre rigorosamente nella corsia di marcia. Non taglio la linea bianca neanche se la visibilità sembra totale e perfetta: perché una volta mi è capitato di trovarmi a tu per tu con un ciclista che usciva sparato in discesa dall’angolo cieco più piccolo che si potesse immaginare. E ancora lo sogno di notte.
Inclino prima del punto ideale, poi vado a raggiungere il punto di corda giusto e infine, in accelerazione, resto più stretto
In rettilineo niente zig-zag selvaggi (stavo per dire tamarri). Certo che mi porto da un lato all’altro della corsia per impostare la curva successiva, ma lo faccio progressivamente, e in anticipo. E anche l’ingresso in curva non è mai secco. Ipotizziamo la curva ideale: una curva a destra sui novanta gradi. Rispetto alla traiettoria teorica -quella rotonda che disegneresti con il compasso utilizzando tutta la corsia disponibile- io anticipo l’impostazione e anticipo anche l’uscita. Cioè: vado sì a sfiorare la linea bianca, ma inclino prima del punto ideale, poi vado a raggiungere il punto di corda giusto e infine, in accelerazione, resto più stretto. Naturalmente non sono il motociclista più veloce della storia di quella curva, ma neanche il più lento; e di certo sono il più sicuro.
Nelle esse vale il principio universale che seguono anche i piloti in pista: bisogna sacrificare la velocità della prima curva se si vuole impostare correttamente la seconda. E questo vale anche nelle successioni di curve. Il fascino della guida su strada è proprio qui: nella serie di curve. Quando sono alternate (destra, sinistra, destra) è divertente collegarle con precisione, tutte belle rotonde tra loro. E quando sono continue (sinistra sinistra e ancora sinistra) allora è la situazione più entusiasmante che conosco.
Magari su una strada sconosciuta. Quando riesci a percorrere tre curve, di raggio diverso, mantenendo lo stesso angolo di piega, lavorando di acceleratore e freni (anche di cambio se sei veramente bravo) per regolare la tua velocità, ti senti un drago. Perché sei stato capace di trasformare l’improvvisazione, che è alla base della guida su strada, in una scienza esatta. La tua percezione (vista, riflessi, senso dello spazio) ha funzionato come quella di un pilota professionista al TT. Lui guarda il cronometro, tu no, ma la soddisfazione è la stessa.
Infine il tornante, curva lenta e di poco fascino ma anche insidiosa per molti di noi che proprio lì hanno qualche problema. La traiettoria non è tanto importante, ma nel tornante a destra, dove si gira stretti, conta il motore e la sua capacità di ripresa: tenete dentro la prima, e magari fuori il piedino interno a sfiorare l’asfalto. Nel caso, un calcio può salvare la situazione.
Ascola l'audio di Nico Cereghini nel box in alto a sinistra.