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Ciao a tutti! A Varano sabato scorso ascoltavo divertito alcuni ex piloti anziani che discutevano, a cinquant’anni dai fatti, di quella volta che dovevo vincere io e invece hai vinto tu soltanto perché io… I meno anziani, quelli che hanno smesso ieri o ieri l’altro, fanno più o meno la stessa cosa perché a perdere non ci sta nessuno. Ma tirano fuori spesso considerazioni interessanti.
Come Melandri, iridato 250 nel 2002 e vice campione MotoGP 2005, che ha appeso definitivamente il casco al chiodo nel 2020. Si era appunto al Motoshow, in un incontro vivace per la presentazione del mio libro su Valentino con le vignette satiriche; Marco voleva capire cos’è la satira, l’ho spiegato con la domanda meno “politicamente corretta” che mi è venuta in mente: Marco, perché sei stato in carriera così lamentoso, un vero rompi...oni?
La satira esprime la realtà del momento, senza filtri. E suscita la stessa libertà, questo è il bello. Melandri ha risposto pronto: perché io ho dato sempre il massimo e gli altri meno. “Quando - racconta - arrivai in Aprilia, Rossano Brazzi voleva che guidassi la 250 con le regolazioni di Valentino. Ma mi hai visto? Sono venti centimetri più basso… Niente!”
E in Ducati nel 2008? “La prima volta che provai la moto dissi subito due cose: primo, questa moto non si guida; secondo, se la moto è questa tenetevi stretto Stoner perché un altro così non lo trovate più. Loro mi mandarono dallo psicologo. La moto era troppo rigida: motore portante e un telaietto che lo collegava al cannotto, tutto così rigido che non sentivi neanche ciò che faceva la ruota davanti. Sbagliavo io? Non credo proprio: i fatti dimostrarono in seguito che avevo ragione”.
Poi, per farci capire come era Stoner, Marco ha aggiunto: “Casey era fantastico, velocissimo, ma guidava d’istinto, non sapeva nemmeno quello che faceva. Gli ribaltavi la moto, cambiavi di due gradi l’inclinazione del cannotto, faceva lo stesso tempo. A Donington, la prima curva da terza: in staccata lui scalava fino alla seconda, poi rimetteva la terza per inserire la moto. Al box guardavano la telemetria e gli chiedevano: perché fai così? Ah, davvero, faccio così? Boh, non me n’ero accorto… Indagarono e alla fine capirono che gli serviva più freno motore. Poi però lo fecero arrabbiare, perché andavano a offrire ad altri piloti il doppio del suo ingaggio...”
Stoner resta Stoner, unico. Con quelle doti e quella testa. Melandri resta Melandri, forte e mai contento. I piloti sono gente particolare, difficilissimo valutarli con il metro comune. Dunque un consiglio per tutti: godiamoceli nei loro momenti migliori.