Nico Cereghini: “Il casco diventò obbligatorio grazie a Maurizio Costanzo”

Nico Cereghini: “Il casco diventò obbligatorio grazie a Maurizio Costanzo”
Il casco è per noi una conquista sociale e un salvavita indispensabile. Pochi sanno che l’obbligo fu adottato sulla spinta del “Maurizio Costanzo Show” a metà degli anni Ottanta. L’opinione pubblica fu coinvolta nel dramma di un padre genovese che aveva perso la figlia
28 febbraio 2023

Ciao a tutti! Lo sapevate che la legge sul casco obbligatorio per la moto, qui in Italia, arrivò sulla spinta di Maurizio Costanzo? E’ un particolare che mi torna alla mente in questi giorni, quando si è saputo che il famoso giornalista romano è mancato a 84 anni lo scorso 24 febbraio.

Non ho mai conosciuto né incontrato Costanzo, ma il suo talk show lo seguivo. Il Maurizio Costanzo Show apparve nell’82 su Rete 4 e dopo pochi anni divenne un “salotto” quotidiano e serale su Canale 5. Era una formula innovativa che ha cambiato la televisione: il conduttore animava abilmente i discorsi, i suoi ospiti erano volti noti dello spettacolo, della politica, oppure sconosciuti che avevano qualcosa da raccontare. Con un grande successo, quasi 4.500 puntate, 40 anni di storia, la scoperta di molti personaggi...

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Ma arrivo al casco. Fino alla metà degli anni Ottanta -gli anzianotti come me lo ricordano bene- l’obbligo ancora non c’era. Ultimi in Europa, ci saremmo arrivati soltanto nell’86: quando i minorenni dovettero forzatamente indossarlo per la nuova legge (dell’11 gennaio), mentre i maggiorenni erano liberi di non usarlo solo ed esclusivamente quando guidavano i ciclomotori. Molti anni dopo, dal 30 marzo del 2000, sarebbe scattato l’obbligo per tutti.

E fu proprio Costanzo ad agitare le acque: ospitò nel suo show un professionista genovese, mi pare fosse un medico, che da poco aveva drammaticamente perso la figlia quindicenne in un incidente stradale. La ragazza era senza casco alla guida di un cinquantino, fu travolta da un’auto. Quell’ospite si vide più di una volta e la sua sofferenza colpì: chiedeva che si pensasse ai più giovani, che il casco diventasse un obbligo almeno per loro.

Furono gli spettatori e poi l’opinione pubblica a spingere la politica verso l’obbligo del casco. Arrivammo ultimi in Europa per le resistenze dei costruttori, naturalmente, che temevano un calo delle vendite se fosse passato l’obbligo. Una miopia colpevole, ma i tempi erano quelli: invece di mandare un messaggio sulla bellezza del casco, invece di regalarne uno coloratissimo a chi comprava la Vespa 50, la Piaggio aveva commissionato a non so più quale Politecnico uno studio sulla pericolosità del casco: che riduce la visibilità laterale e toglie i suoni dalle orecchie. Molti di noi già allora espressero qualche perplessità.

Io naturalmente non so se Maurizio Costanzo volesse fare servizio pubblico, oppure se inseguisse soltanto la visibilità, o il potere, o magari tutte e tre le cose insieme. Ma posso facilmente immaginare che, all’epoca, qualche pressione perché si fermasse ci sia stata. E forte. Non ho mai conosciuto Costanzo, ma di questa sua battaglia gli sono sempre stato grato.

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