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Ciao a tutti! Il tempo non è stato amichevole, con l'Asi MotoShow di Varano, ma un paio di pomeriggi asciutti sono bastati per capire che le vecchie moto da corsa e i piloti del passato sanno muovere gente e passione. Questo genere di eventi gratifica tutti: i protagonisti delle gare di una volta, che riassaggiano in parte le antiche emozioni; e poi il pubblico, che ha la grande chance di avvicinare dei piloti veri che ha amato o che ama tuttora.
Venerdì scorso acqua, sabato mattina acqua, poi un po' di sole nei due pomeriggi conclusivi. In pista lo spettacolo è relativo: suoni e odori hanno la loro importanza, certo, ma non è quello il lato più importante della faccenda. Personalmente ho inforcato per la parata dei campioni una Laverda SFC 750 grazie alla disponibilità di Piero Laverda e con l'assistenza dello storico Fernando Cappellotto. Ma non è stato il momento più piacevole della domenica: troppo lungo l'assetto della SFC, non ho più l'elasticità del '72. E quei due minuti dello schieramento in pista, immerso nella nuvola di fumo, quasi mi mettevano ko.
Ho incrociato tra le tende e i box il grande Ago, Bianchi, Gallina, Bonera Lavado, Brettoni, Poggiali, Dall’Aglio e tanti altri, oltre ad alcuni francesi come Baldè, Sarron e Rigal. Mi ha fatto straordinariamente piacere abbracciare il fratello minore di Gilberto Parlotti, Mauro, e anche il figlio, Paolo, che quando il pilota triestino morì al Tourist Trophy nel ‘72 aveva soltanto otto anni. Sono passati cinquant'anni e loro, che mi conoscono appena, mi trattano come fossi anch'io uno di famiglia. Perché? Non è facile rispondere, forse perché ci nutriamo della stessa passione e sappiamo esattamente cosa si gioca un pilota in una gara di moto.
La cosa più bella, ci siamo detti un po' tutti, è che in questi meeting si rivive quasi esattamente l'atmosfera che regnava nel paddock ai nostri tempi: gente qualunque che chiacchiera con i campioni, tute stese al sole ad asciugare, lunghe tavolate con salumi e bottiglie di vino, persino qualche pentola sui fuochi da campo. A noi piace.
E piace anche al pubblico degli appassionati. Ho visto tante teste grigie, naturalmente, ma pure tanti giovani. E molti, vedendomi un po' come il comune denominatore tra il passato e il presente per via del mio ruolo, a questo proposito mi chiedevano: ma perché i piloti di oggi non sono altrettanto disponibili? Persino Agostini l'ha buttato lì nell'intervista che vedrete a giorni insieme alle altre: "Non ho mai negato un autografo a nessuno, io..."
E la mia risposta è: perché ai piloti di oggi, nel week end della gara, tocca una mole di lavoro da svolgere enormemente superiore a quella di allora. E in più, il professionismo così spinto li obbliga a mantenere altissima la concentrazione dal venerdì alla domenica. Sono generalmente meglio pagati e corrono meno rischi di noi, certamente. Ma si divertono meno.