Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Ciao a tutti! Ieri mattina sto trafficando nel box quando sento un fracasso allarmante di plastica e acciaio, quel tipo di fragore che fa una moto da 250 chili quando cade da fermo. Avete presente? Brutta roba. Esco ed ecco il mio vicino seduto a terra, la sua Honda VFR 1200 schiantata sul cemento. Lo aiuto a sollevare la moto, i danni sono leggeri, ma com’è successo? Lui non se lo sa spiegare, ha un rito che ripete ogni volta. La sera, quando rientra, appoggia la moto sul cavalletto laterale, apre il box, spinge dentro la Honda a un metro dalla macchina, poi la parcheggia sul cavalletto centrale lasciando il laterale divaricato. Lo sa, una Honda con due cavalletti in opera è un brutto vedere, però al mattino apre il box, fa scendere la moto dal cavalletto centrale, la porta fuori a mano e infine la inclina sulla stampella laterale aperta per chiudere il box. Gli è comodo così. Da anni gli stessi gesti, non si può sbagliare. Ma questa volta il laterale non era fuori e sbam.
Allora indaghiamo mentre lui si riprende dallo shock e analizza la sua Honda. Può aver ripiegato il laterale senza rendersene conto, ma lo esclude. Ci medita sopra una decina di minuti (oggi non abbiamo fretta) e alla fine ricostruisce. Questa mattina ha spostato la bicicletta del bambino tra l’auto e la moto, per gonfiare le gomme, e cercando la valvola della ruota posteriore ha spostato la bici un po’ indietro. Ecco l’arcano: la bici, fatalità, deve aver agganciato il cavalletto laterale della moto ripiegandolo all’interno. Non c’è altra spiegazione. E la dettagliata vicenda mi serve per mandarvi un messaggio.
Spesso è proprio nella ruoutine, nelle operazioni ripetute tutti i giorni, che si nascondono i maggiori pericoli. Perché lì la nostra attenzione è debole, andiamo a memoria, diamo per scontate un mucchio di cose. Viceversa quando affrontiamo una giornata speciale, o quando facciamo per esempio una strada nuova, la coscienza è vigile e i nostri riflessi sono brillanti. Fateci caso. Andando al lavoro sappiamo già dove troveremo la coda e dove la strada sarà libera, quale incrocio è trafficato e quale invece è sempre sgombro, dove c’è il cantiere per la metropolitana, il tombino sporgente, la bella curva ben pavimentata per una pieghetta appena appena, che dia senso alla giornata. Quante volte vi stupite per essere già arrivati alla meta? Quante volte vi siete detti: “quei duecento metri là non li ho proprio registrati”? Chissà dove eravate, con la testa. La verità è che il percorso casa/lavoro è più insidioso del GP d’Italia al Mugello.