Nico Cereghini: “Il tradizionalismo ci frega”

Nico Cereghini: “Il tradizionalismo ci frega”
Spesso il motociclista è scettico davanti alle novità, talvolta le rifiuta a priori soffocando una sana curiosità. Dal primo freno a disco all’ABS, fino alla nuova Niken Yamaha
5 dicembre 2017

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Ciao a tutti! Anch’io non so cosa aspettarmi dalla Yamaha Niken, la "tre ruote" vista a Milano con il motore tre cilindri 850 della Tracer e le due ruote anteriori da 15 pollici. Non si era mai visto niente del genere, e, anche se non sentivo la particolare mancanza di un tre ruote da 115 cavalli e non so bene a quale motociclista si rivolga, dopo aver letto le varie anticipazioni sono molto curioso di provarla. Mi ha sorpreso un po’, invece, la reazione di alcuni tra i lettori del sito. C’è chi addirittura l’ha stroncata a priori: inutile, stupida, inguardabile.


Va bene, il motociclista è tradizionale. L’ho imparato tanti anni fa. Già quando uscì il primo freno a disco a comando idraulico, sulla bellissima Honda CB 750 Four del 1970, sentivo circolare la fatidica frase “la moto non è un’auto”. Decenni di freni a tamburo, con le ultime creazioni di Oldani e Fontana che erano vere opere d’arte, avevano condizionato anche me che ero solo un ragazzo: salii per la prima volta sulla 750 per il giornale, dubitando che quel dischetto d’acciaio potesse fare il lavoro di un bel quattro ganasce. Però quella fu una grande lezione di vita: da allora la curiosità per me ha sempre prevalso sullo scetticismo. E all’ABS, per dire, mi avvicinai con interesse e fiducia fin da quando, agli albori, lasciava parecchio a desiderare e la leva vibrava tra le dita e i freni non frenavano sul pavè.


Oggi l’ABS è evoluto e comunemente accettato dalla gran parte dei motociclisti, ci mancherebbe altro. Così come sono sempre più accettati i controlli elettronici o il cambio automatico a doppia frizione della Honda. L’obiezione originaria era: “la voglio guidare io, la moto” per quella comprensibile diffidenza verso l’elettronica tutta. Ma alla prima prova pratica, tutti concordano sul fatto che il divertimento come minimo è lo stesso, e la maggior sicurezza ci piace. Certo, si capisce che alcune soluzioni, soprattutto quelle più originali, vadano assolutamente provate, per poter emettere un giudizio. Eppure, per molti motociclisti scatta il rifiuto a priori, e con quello persino la possibilità di mettersi alla prova.


Questo è proprio l’aspetto che più mi sconcerta. E a questo proposito mi torna sempre in mente l’uscita di un meccanico di tanti anni fa. Questo meccanico lavorava in una concessionaria Guzzi di Milano, e la volta che mi presentai, ed ero in sella ad una Kawasaki, per sapere se fosse arrivata la Le Mans della mia prova, quello mi apostrofò malamente: “nella mia officina - disse - i carciofi giapponesi non entrano”. Anni dopo lo ritrovai proprio in un’officina Kawasaki. Beh? - gli domandai - non eri quello che disprezzava le moto giapponesi? “Sì – tagliò corto lui - ma allora non le avevo ancora provate!”


Morale: magari la "tre ruote" Niken della Yamaha non sarà una rivoluzione epocale, magari non sarà divertente quanto una bella Tracer a due ruote. Però magari sì. Invece di sparare giudizi prematuri, non è forse più bello lasciar lavorare la fantasia altrui e fantasticare noi stessi?

Il tradizionalismo ci frega
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