Nico Cereghini incontra Massimo Tamburini/2

La seconda parte dell'intervista con Tamburini. Dopo la prima, pubblicata ieri, il grande progettista riminese racconta in esclusiva a Moto.it su cosa sta lavorando. Si profila un nuovo scenario: la moto da pista di domani | N. Cereghini
9 ottobre 2013



E finalmente siamo arrivati al cuore del dialogo con Tamburini: su cosa sta lavorando oggi il geniale progettista di moto sportive che tutti rispettiamo? Massimo è sempre stato avanti, come si dice, e conoscere i suoi progetti potrebbe aiutarci addirittura a definire la moto sportiva del futuro. Lui esita, capisco che gli piacerebbe dire più di quanto possa. Poi trova la misura.

“Quando sono uscito dalla MV, alla fine del 2008, mi sono preso un anno di riposo, per godermi finalmente la famiglia e il mare; ma rischiavo l’imbecillità, il pensionato rischia di diventare imbecille, e allora mi sono detto: e se facessi ancora qualcosa? Qualcosa di sperimentale, perché ho delle idee in testa che per motivi diversi non ho potuto realizzare quando lavoravo per un’azienda ed ero legato alla produzione. Qualcosa di sperimentale, ripeto, una moto laboratorio che prima costruisci e poi porti in pista. E il progetto è nato nel 2010. Non aveva finalità commerciali, è di natura prettamente sperimentale, e potrei anche descrivere il perché di certe scelte e come sono state realizzate alcune soluzioni che personalmente ritengo molto innovative”.

E allora fallo. Descrivi per piacere.
“Sono partito dall’analisi delle moto sportive in produzione, poi delle SBK e delle MotoGP. Analizzando tutte le problematiche che ancora penalizzano il pilota quando va alla ricerca della miglior messa a punto nel minor tempo possibile, mi sono detto: se Valentino, o Lorenzo, vogliono cambiare sensibilmente l’assetto sulla loro moto da corsa, non lo possono fare nelle prove ufficiali perché i tempi sono stretti. Perché se vuoi cambiare l’assetto sull’anteriore devi smontare la carenatura, allentare e sfilare le canne in alto o in basso; e anche al retrotreno: è vero che ci sono moto abbastanza rapide da regolare dietro, però non sono tante; e allora ci vuole un sistema più rapido per cambiare anche l’assetto posteriore. E l’angolo di sterzo, poter cambiare quello, e addirittura variare anche la rigidezza del telaio: non sarebbe bello poterlo fare nel tempo che i meccanici impiegano per cambiarti le ruote? Perché il cambio ruote è una manovra che si deve fare per forza in un turno di prove. Ebbene, mi sono dedicato allo studio delle soluzioni e alla fine il progetto ha preso il via”.

Puoi entrare nei dettagli?
“All’anteriore c’è un sistema di regolazione speciale: si sposta tutto il gruppo e non c’è alcun bisogno di allentare le canne. Nella sua semplicità è un po’ l’uovo di colombo. Puoi fare una regolazione nei due sensi di 4 millimetri, che corrisponde a una tacca della forcella (o anche 5 o 6 mm, ma 4 è una misura più che sufficiente per una moto da pista che è quasi perfetta) nel tempo del cambio gomme. La soluzione mi è piaciuta, l’ho realizzata, sono convinto che meriterebbe un approfondimento anche a livello produttivo, naturalmente per una moto di prestigio. Sul posteriore poi c’è un altro sistema, con un traverso che porta l’ammortizzatore rotante anziché fisso: allentando due viti fai la tua regolazione. E’ la parte meno importante del progetto, ma molto rapida”.

Ma, se ho capito bene, hai accennato addirittura alla possibilità di variare la rigidezza del telaio...
“Questa è una cosa nata dall’osservazione dei problemi lamentati dalla MotoGP della Ducati. Chi sosteneva che è troppo rigido il telaio, e allora via il carbonio, ci vuole una lega d’alluminio alla giapponese. Io non ho mai creduto a queste teorie. La cosa importante è la rigidezza torsionale: quella non deve mai mancare; ma il punto è che trasversalmente, a differenza di qualche anno fa, con gli angoli di piega raggiunti abbiamo bisogno di avere una sospensione laterale perché forcella ed ammortizzatore vengono annullati, non lavorano con quegli angoli così spinti. E la sospensione laterale puoi ottenerla soltanto attraverso l’elasticità del telaio".

“Insomma, se ipotizzo nel progetto una elasticità trasversale “x” e poi non mi va bene, mi tocca riprogettare tutto e impiego dei mesi interi. Se, invece, si riuscisse a ideare un sistema per poter cambiare in pista, in pochi minuti, la rigidezza laterale del telaio, allora si risolverebbe davvero il problema. Lì nacque l’idea, che a livello teorico funziona divinamente: dai calcoli che abbiamo fatto, tu puoi partire dalla massima rigidezza e vai a calare. Naturalmente servono ancora le prove che faremo in pista, se un giorno finiremo questo progetto sperimentale. E sono convinto che questa soluzione darebbe una svolta alle moto sportive, che sono ferme da anni. Tute le regolazioni oggi sono complesse: ma se io ti do la possibilità di cambiare l’angolo di sterzo nei pochi minuti di un cambio gomme, tu puoi farti la tua regolazione nelle prove ufficiali. Senza contare il fatto che il primo pilota che potesse utilizzare questa tecnica avrebbe anche un vantaggio psicologico che farebbe la differenza”.

Possiamo dire che un sistema del genere potrebbe piacere anche ai motociclisti dilettanti, e penso ai pistaioli?
“Certamente sì. Ognuno di noi cerca nel comportamento dinamico della sua moto un riscontro di un certo tipo. Io per esempio ho sempre cercato la massima rapidità nell’inserimento in curva: fin dai primi decimi di grado la moto deve aver capito che la voglio mettere in curva, non come lo scooter che vuole spostamenti di diversi gradi prima di capire. Ma ogni motociclista ha i suoi gusti. Oggi con i pneumatici si fanno cose pazzesche, ma puoi fare tantissimo ancora con il telaio. Cambiando i parametri a piacere e in pochi minuti".

Grazie Massimo!
"Prego. Alla prossima".

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