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Ciao a tutti! Giovanni Zamagni aveva visto giusto, giovedì scorso presentando il GP della Repubblica Ceca, quando scrisse che il mese di vacanza non avrebbe inciso sul rendimento dei piloti. Ma su quello delle squadre sì. Il box Ducati che richiama Lorenzo quando la moto non è ancora pronta e che tarda nelle segnalazioni al Dovi, la Yamaha che lascia fuori Valentino almeno un giro di troppo, la Suzuki che equipaggia Iannone con le gomme sbagliate e addirittura montate al contrario, l’Aprilia che fa ripartire Espargaro sulla rotta di collisione con Iannone. Puoi spiegare tutti questo errori soltanto con la mancanza di concentrazione, evidentemente molte teste erano rimaste altrove.
Intendiamoci, nessun processo, sbagliare è facile quando devi decidere e ti devi muovere in tempi strettissimi. E quando l’equilibrio è assoluto, perché va sottolineato che domenica tanti piloti erano in grado di vincere; almeno sei: Marquez e Pedrosa, Vinales e Rossi, Dovizioso e questa volta persino Lorenzo. Ma alla Honda non hanno sbagliato di un millimetro, e l’impresa più bella di questa decima prova 2017 è per me quella di Marc Marquez.
E lì cosa ti escogita in pochi secondi? Invece di guidare al limite tentando di perdere il meno possibile, come farebbe chiunque, rallenta quel tanto da farsi passare dai più forti che lo seguono
Certo, tutto è scaturito dall’errore di allinearsi, lui solo, con la rain morbida al retrotreno. Il primo giro molto buono, chiuso in scia al leader Lorenzo, poi la consapevolezza: la Honda scivola troppo e fin dalle prime curve del secondo giro lui realizza che dovrà subito fermarsi a cambiare moto e gomme. E lì cosa ti escogita in pochi secondi? Invece di guidare al limite tentando di perdere il meno possibile, come farebbe chiunque, rallenta quel tanto da farsi passare dai più forti che lo seguono. Quando alla fine del secondo giro Marquez rientra, lo segue soltanto Folger, là davanti nessuno ha visto.
Come faccio ad essere sicuro che la mia lettura sia quella giusta? Facile. Con le slick, sulla pista ancora umida, Marc è andato subito fortissimo, fin dal T2 il più veloce in pista. Tutti sanno che il suo controllo della moto, quando le condizioni sono estreme, è speciale; e allora come si può spiegare il fatto che, due minuti prima, aveva perso sei o sette posizioni in mezzo giro?
Domenica troppi errori, insomma, ma è stato bello: in Marc Marquez molti hanno rivisto Angel Nieto. Il Nieto furbissimo che sapeva elaborare strategie raffinate e vincere gare impossibili.
Lo chiamavano “el Cabron”, che letteralmente si potrebbe tradurre con caprone o bastardo, e a lui il nomignolo stava bene perché gli piaceva mostrarsi più cattivo di quello che era. Ma bisogna dire che per il “dodici volte più una” campione del mondo era relativamente facile: le moto non erano tanto veloci, i rettilinei erano lunghi, c’era tempo per ragionare.
Oggi con la MotoGP è un’altra faccenda. Può piacere o non piacere, e personalmente il pensiero un po’ mi disturba: il 93, più che furbo, sembra addirittura diabolico.