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Ciao a tutti! Guardo l’unboxing pubblicato su Moto.it, quello di Matteo Vignali che descrive lo scooter elettrico BMW C-Evolution, e nella mia testa scatta un flash che mi riporta indietro nel tempo. Intanto, per cominciare, ormai saprete tutti cos’è l’unboxing: la descrizione di un oggetto nuovo di pacca, comprato un attimo fa e appena estratto dalla sua scatola. Com’è fatto, come si accende, come funziona. E’ un genere che va bene per i telefonini e per tutti gli oggetti tecnologici, perché non farlo anche per il potenziale acquirente di una moto? Comunque ok, guardo il video dell’unboxing e mi scatta in testa quel flash di cui dicevo. Cavoli, ma questo era esattamente il genere di Motociclismo negli anni Sessanta!
Noi ragazzini dell’epoca, Motociclismo lo imparavamo a memoria. Le firme dei “tester”, che allora chiamavamo collaudatori, erano tre: Carlo Perelli, Mario Colombo e l’indimenticabile Roberto Patrignani, che essendo pilota-giornalista provava le moto più potenti. Ma comunque fosse, dal Motom 48 fino alla Gilera 300 B Extra, tutte le moto erano descritte nello stesso modo: testi ridotti, lunghe didascalie, un mucchio di foto in bianco e nero. Vista di fronte, “da tergo” e dall’alto, totali lato destro e lato sinistro, strumentazione, comandi a mano e a pedale, serbatoio benzina con i dettagli del bocchettone e del rubinetto, motore da ogni prospettiva e con tutti i tappi di riempimento e svuotamento, scarico, ruote, pneumatici e valvole, freni. Non mancavano mai le dita dei collaudatori a indicare i dettagli più interessanti, come la vite di regolazione del minimo sul carburatore o il registro del pedale del freno. E c’era sempre, mitica, la fotografia degli attrezzi di bordo. Dal cacciavite fino alla chiave a tubo della candela, tutti i pezzi erano allineati in perfetto ordine sulla sella della moto in prova. E non ho mai capito - nemmeno quando iniziai a collaborare col giornale, anni dopo - se questa fotografia serviva all’autore Perelli e al suo rigore, oppure se serviva alla Casa affinché restasse un documento inoppugnabile: perché qualcuno, finita la prova di Motociclismo, provava sempre a fregarsi gli attrezzi, soprattutto se erano quelli delle BMW con la loro lodatissima alta qualità.
Quelle prove di Motociclismo anni Sessanta erano perfette per la Vespa Primavera, il Corsarino Scrambler della Morini o l’Aermacchi Ala Blu GT, ma stavano diventando vecchie per le prime maxi-moto come la Laverda 650 o la Guzzi V7 o l’incredibile Kawasaki 500 Mach III, che già si affacciavano sul mercato anticipando il boom degli anni Settanta. La nostra generazione, che viveva la moto come divertimento e non più come un semplice mezzo di trasporto, introdusse nelle prove del giornale l’adrenalina e la passione. Noi sbuffavamo quando Perelli indugiava pensieroso intorno alla moto con la sua macchina fotografica: “gìrala di qui e gìrala di là” ci sembrava tempo perso, non vedevamo l’ora di montare in sella e già ci infilavamo il casco per andare.
Perché l’unboxing mi ricorda quelle prove di Colombo e Patrignani? Perché c’è lo stesso rigore nell’analisi, la stessa voglia di indugiare su tutti i dettagli prima di provare la moto sulla strada, il piacere di toccare ogni pulsante. Come negli anni Sessanta, per diversi motivi anche oggi le prestazioni assolute contano fino a un certo punto, e dopo la corsa alle superpotenze che ci ha entusiasmato negli anni Novanta si diffonde sempre di più il gusto di godersi la moto con calma, di apprezzarla in ogni dettaglio anche prima di andare. Un po’ per necessità – bisogna pur capire come selezionare i diversi riding mode - e un po’ per il piacere di scoprire quanto è tecnologica e di quante nuove funzioni è capace. Su Moto.it, i nuovi modelli li analizziamo in tutti i modi: pista, strada, città, banco prova e comparativa. C’è spazio per tutto e facciamo anche l’unboxing. Anzi, invito Matteo Vignali a guardare sotto la sella, prendere la busta degli attrezzi e stenderla sulla sella stessa come faceva Perelli. Se si allenta uno specchietto, la chiave c’è, non serve correre dal concessionario.