Nico Cereghini: "La moto sotto l'ombrellone"

Nico Cereghini: "La moto sotto l'ombrellone"
Una Gilera 150 Sport che mi supplicava di prenderla e farci un giro, poveraccia, il padrone la trascurava. Come facevo a dirle di no? Dopotutto lei non poteva sapere che avessi soltanto dodici anni
9 agosto 2016

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Ciao a tutti! Se siete in spiaggia, sotto l'ombrellone, problemi non ne avete. Noi sì: negli anni Cinquanta e Sessanta, rientrando dalla spiaggia avevamo il catrame sotto i piediQualche volta può succedere ancora, allora capitava sempre. E bisognava sfregare con la benzina o la trielina per togliere i blocchi neri tra le dita dei piedi e le macchie sui vestiti e sugli asciugamani. "Lavano le navi cisterna davanti alla costa", si diceva.
Ho saputo poi 
che le vecchie petroliere, dopo aver scaricato, venivano zavorrate con l'acqua di mare perché da vuote erano difficili da governare; e poi naturalmente l'acqua salata andava pompata fuori prima del nuovo carico. La nafta in mare e poi il carbone in città per il riscaldamento. Ma che inquinamento c'era!? Siamo dei sopravvissuti, questa è la verità. E io più di tutti quelli che conosco. 
 

Adesso vi porto in montagna. La nonna aveva una bella casa in Valsassina, nelle prealpi orobiche, isolata e sui mille metri di altitudine. Davanti al cancello iniziava la mulattiera per l'alpe Paglio, 500 metri più su. Adesso c'è una bella strada, che vi consiglio di fare, ma allora si saliva solo a piedi e due o tre pastori, ogni mattina all'alba, lasciavano la moto appoggiata al muretto ai lati del cancello (il terreno era in pendenza, il cavalletto stretto) e andavano su alla casera a preparare i formaggi. All'alpe c'era anche la famiglia Gianolaanzi il futuro pilota Ezio era appena nato, ma questo ancora non lo sapevo. Sapevo invece che dalle 6 fino al tramonto avevo campo libero. 

Voi dovete immaginare un dodicenne senza alcuna esperienza motoristica, nessuna patente in famiglia, e che però era sveglio e si sentiva motociclista dentro per quella spinta insopprimibile che tutti conosciamo. Quel poco che sapevo lo avevo assorbito dalla enciclopedia per ragazzi "Conoscere", meravigliosa, e lo avevo osservato sulla strada: gas, frizione, cambio, freni, chiave di contatto sul faro. Studiavo i gesti dei pochi motociclisti in circolazione, il suono del motore, e ci ragionavo sopra. A disposizione in Valsassina dunque avevo uno Zigolo un po' sfigato e una Gilera 150 Sport. Bellissima, rossa e nera, manubrio raccolto.


 

Nessuno in vista, il motore della Gilera partì. Scrupoli? Un lusso che nell'estate 1960 non potevo permettermi. Ero troppo preso. E poi che sarà mai: un giretto di cinque minuti, due cucchiai di benzina

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Le moto di allora erano piccole e basse, a misura di un adolescente agile e pronto. Provai con diversi chiodi, trovai quello adeguato, incastrato al posto della chiave. Contatto, e cuore a mille. Provai a dare una scalciata, capii che prima andava messo il folle e lo trovai. Nessuno in vista, il motore della Gilera partìScrupoli? Un lusso che nell'estate 1960 non potevo permettermi. Ero troppo preso. E poi che sarà mai: un giretto di cinque minuti, due cucchiai di benzina, e guarda come è afflitta. Sì, perché la150 davvero mi supplicava di farle fare un giro.


 

Ne ho scovata una identica nell'officina Giocoso di Pontremoli: lo vedete anche voi, stesso sguardo triste di cane bastonato.

Le moto non amano star ferme, vanno lanciate sulla strada, questo già lo sapevo allora. E il suo pastore poi: un bravo diavolo, e se aveva preso la Gilera Sport invece di una Lambretta doveva intendersene, e probabilmente guidava anche bene, ma con quel lavoro all'alpeggio la moto la doveva per forza trascurare. E lei contava su di me, si capiva benissimo. Sento ancora il rombo della 150 Sport, l'odore dello scarico leggermente fumoso e della benzina che trasudava dal carburatore ed evaporava al sole.

Ebbi qualche difficoltà in partenza col gioco gas/frizione che andava imparato, ma al terzo tentativo via, liscio come l'olio. Ogni tanto passo ancora da quelle parti. È tutto diverso, la strada è asfaltata, ma le ortiche sul bordo sono ancora quelle, i profumi gli stessi. Quindici giorni quindici giretti, cinque minuti alla volta massimo dieci. Poi il pastore probabilmente mangiò la foglia, qualcosa non gli tornava e per sicurezza lasciò la moto più giù, davanti alle case.
È 
passato tanto tempo, e credetemi, mi sono pentito. Avrei dovuto scollegare il cavo del contachilometri.

 

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