Nico Cereghini “La nave e la moto, quando la sfida finisce male”

Nico Cereghini “La nave e la moto, quando la sfida finisce male”
Ormai è certo, è stata una folle sfida a buttare la Costa Concordia contro gli scogli del Giglio. Come in “Gioventù bruciata” con le auto: chi osa di più vince, o perde tutto. E noi? Tutto sotto controllo? | N. Cereghini
24 gennaio 2012

Punti chiave


Ciao a tutti! Questa notte ho sognato la Costa Concordia adagiata di fianco al Giglio: aiutavo il vicesindaco dell’isola a tirar su con le corde i passeggeri bloccati in fondo al ponte. Non so voi, ma personalmente sono stato molto colpito da questa terribile vicenda: la nave, il naufragio, la notte devono essere elementi che sollecitano le nostre paure ancestrali.

Pare proprio accertato che questo comandante non si sia accontentato di fare il cosiddetto “inchino” passando vicino all’isola, magari costeggiandola su una rotta tangente; ma che abbia proprio puntato il Giglio con l’intenzione di virare all’ultimo momento, un po’ più avanti di quanto avevano fatto altri colleghi nei mesi scorsi. Una vera sfida, tipo quella che faceva James Dean in “Gioventù bruciata”. Nel film i ragazzi dimostravano il loro coraggio lanciando l’auto a forte velocità verso lo strapiombo sul mare, per poi gettarsi fuori all’ultimo momento. Là le cose finivano male, ma almeno i temerari mettevano in gioco soltanto la loro, di pelle, e di auto; qui l’epilogo è stato disastroso, con la nave affollata, la virata tardiva e tante vittime ancora da contare.

Quanto siamo disposti a rischiare per seguire questo impulso della sfida? Io non ho mai combinato disastri, ma da ragazzino li ho sfiorati

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Le sfide. Quante ne ho viste e sentite. Ragazzi che in Spagna correvano di notte a fari spenti sull’autostrada, contromano; altri giovani, francesi mi pare, che attraversavano un incrocio trafficato, alla cieca e a forte velocità; so di adolescenti, motociclisti italiani, che tanti anni fa si correvano incontro sulla striscia bianca, e il primo che si scansava era un codardo. Dietro questo tipo di sfida al limite c’è, neanche tanto nascosta, la voglia di uccidersi; e qui entriamo in campi difficili. Ma certamente l’umanità, soprattutto quella di genere maschile, è stata sempre attratta dalla sfida. Che poi, se regolamentata, talvolta diventa sport.

E noi? Quanto siamo disposti a rischiare per seguire questo impulso? Io non ho mai combinato disastri, ma da ragazzino li ho sfiorati: sfilavo le chiavi della macchina dalla borsa di mia sorella che dormiva ignara, e giravo la notte, tanti anni prima di prendere la patente; una volta ho fatto anche un testa coda, e a bordo c’era il mio fratellino più piccolo e le cinture non esistevano. La voglia di sfida era così forte che eravamo capaci di uscire all’una di notte senza farci sentire da nessuno. E nessuno ci ha mai sgamati, anche se mia sorella al mattino si domandava come mai la macchina non fosse dove ricordava di averla parcheggiata.

Erano altri tempi, c’era poco traffico e la fortuna mi ha assistito molto. Anche con la moto, che da ragazzo credevo di saper guidare da dio e non era vero. Oggi me ne rendo conto e so di aver rischiato gratuitamente. E voi? Anche voi avete esagerato qualche volta e poi avete smesso?


 

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