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Ciao a tutti! La vicenda umana e sportiva di Marc Marquez coinvolge tutti gli appassionati, anche quelli che non lo amano come uomo ma che sportivamente riconoscono la sua grandezza di pilota e di campione: è il fenomeno assoluto della top class, il pilota più vincente dell’ultimo decennio. “E’ il momento più difficile della mia carriera”, ha detto Marc, anche se poi ha aggiunto che è un buon momento della sua vita personale, che ha un’ottima squadra, che continua a crederci. Resta ottimista insomma, ma lo rivedremo a Silverstone? Il dubbio c’è.
Lo sapete, dopo il deludente diciassettesimo posto nella gara sprint, domenica ha dato forfait. Si è parlato anche di diplopia, quella è esclusa, però Marc soffre parecchio: un piede e una mano ammaccati, ma soprattutto c’è la costola fratturata in Germania, una frattura tanto dolorosa da spingerlo ad andare spontaneamente dai medici domenica mattina e di fatto a chiedere l’unfit ufficiale per la gara.
Come sta veramente Marquez? Il tamponamento a Bastianini, sabato mattina, dice che fatica a restare concentrato. Quando parla della Honda pare sfiduciato e forse addirittura depresso. Naturalmente è comprensibile che non abbia voluto spingere dopo le disastrose cadute del Sachsenring e quando ci ha provato ugualmente è caduto ancora… Non sta bene, e più del dolore fisico (che ha sempre superato, anche in momenti peggiori) sembra incidere altro.
La speranza è che i quaranta giorni di riposo possano ritemprarlo del tutto, naturalmente. Ma è stato lui stesso a dare il via ai dubbi, quando alla domanda di un giornalista, che voleva sapere se nel 2024 sarebbe rimasto alla Honda come prevede il contratto, ha tergiversato. Anche se più tardi Marc ha aggiunto: “Ho imparato che non bisogna prendere decisioni a caldo”.
Mettendo insieme tutto quanto, pare di capire che potremmo essere vicini a una svolta. Non una resa: un campione come Marc, che ha guidato oltre i problemi suoi e della moto per anni, perché dovrebbe arrendersi adesso? Non ci pare possibile. E allora? Allora, forse, sta davvero trattando per cambiare squadra e moto. E magari sta cercando la strada per accorciare i tempi.
Si dice che il contratto sia blindato, ci sarebbero penali milionarie da pagare e poi non ci sono moto disponibili. Tutte cose vere eppure, ad Assen, Alberto Puig lo ha detto chiaramente: “Honda non trattiene nessuno, non vuole avere persone che non sono contente di essere in Honda; ci lega un contratto, ma non ho la palla di vetro e ogni persona è libera di fare ciò che vuole...”.
La questione è spinosa perché nessuna delle due parti è abituata ad arrendersi. Honda può lasciare soltanto quando è supervincente: lo fece alla fine dei trionfali anni Sessanta nei GP, o ancora negli ultimi anni Ottanta quando dominava la Parigi-Dakar e si fermò. Ma non cede quando è in basso. Non lo ha fatto nemmeno quando, da indiscusso numero 1 della moto e della tecnologia, puntò sulla costosissima e complicata NR 500 a pistoni ovali (debutto Silverstone 1979) che si rivelò un disastro assoluto.
Allora, dopo vari tentativi e senza aver preso nemmeno un punto mondiale, l’esperienza a quattro tempi fu archiviata in due anni. Era la fine del 1981 e già nell’82 arrivava la NS tre cilindri due tempi con Lucchinelli e Spencer, campione del mondo 1983 classe 500. Non solo Honda non si arrese, ma rilanciò e vinse.
Ma come ne esce oggi? La moto è tutta da rifare, la dirigenza sportiva di Puig ha fallito, i nuovi innesti tecnici non hanno modificato la sostanza, il pilota di punta non crede più nel progetto. E’ una storia avvincente e complessa, una svolta è inevitabile e sarà tutta da seguire.