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Ciao a tutti! Ascoltavo domenica mattina il podcast dello Zam con Lucio Cecchinello, che mi piace da sempre, fin da quando era pilotino della 125 e rispondeva con intelligenza alle interviste su Grand Prix. Si è parlato di Marc Marquez e di Mir, di Rins che ora affianca Nakagami in LCR, soprattutto di Honda, che deve tentare di riscattare la peggiore stagione della sua storia in MotoGP.
Lucio è orgogliosamente legato alla Honda dal 2006, quando fece esordire Casey Stoner sulla RC 211V, la Honda è “partner del mio team”, dice. Lui è ottimista, sottolinea che Honda l’anno scorso ha vinto tutto, dalla F1 alla Dakar, dal cross alla Otto Ore di Suzuka. Tutto tranne la MotoGP. Magari non si vincerà dalla prima gara, sostiene, ma non ha motivo di dubitarne: la Honda tornerà presto alle vittorie e al titolo, ha fatto diverse mosse, ha accorpato le strutture tecniche delle quattro e delle due ruote, dispone della tecnologia al top. La Honda, insomma, resta la Honda.
Ecco, la Honda resta indiscutibilmente la numero 1 e proprio per questo la sua crisi in MotoGP è ancora più clamorosa. Lo sappiamo tutti che la causa principale si chiama Marc Marquez, che da ormai tre anni è in grave difficoltà, ma la sensazione generale è che nessuno, nemmeno la stessa Honda, sappia come venirne fuori. Perché di fatto si è spezzato il filo tra il pilota di riferimento e gli ingegneri che seguono l’evoluzione della moto. E quando si spezza quel filo ci vogliono anni per ricostruirlo.
Marc è un grande talento, un vincente, ha reso grandissima la Honda in MotoGP. Ma disporre di un pilota del genere può essere anche una grande fregatura. Esattamente come Stoner per la Ducati. Gioia e dolori. Quando scopri di aver messo in sella un fenomeno che, con una tecnica di guida spettacolare e del tutto originale, porta la tua moto alle vittorie a raffica, che fai? Dai retta agli altri tuoi piloti che sulla stessa moto soffrono e allora chiedono rivoluzioni tecniche? Oppure segui il fenomeno? La seconda. E a occhi chiusi.
Prima o poi però fatalmente succede che il tuo fenomeno si stanca, o si fa male, o passa alla concorrenza. E qui arriva la fregatura. Per la Honda è una faccenda complicatissima, il pilota di punta lo ha ancora ma non sa se potrà tornare ad essere lo stesso, ha preso un altro campione del mondo come Joan Mir e non sa se si adeguerà alla moto. E che tipo di moto fare? Che direzione di sviluppo seguire?
La storia delle rosse è lì da vedere. Quanti anni ha impiegato la Ducati a dimenticare Casey Stoner, a costruire una moto buona per tutti e tornare al titolo mondiale? In questo caso della Honda c’è soltanto da augurarsi che, spezzato quel famoso filo e persa del tutto la strada, gli ingegneri ripartano da zero e dalla loro storia, che è altamente tecnologica. Le risorse le hanno tutte, sulla carta. Ammesso che non si stanchino di prendere paga dalla Ducati in MotoGP, o che non si buttino sull’elettrico.