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Ciao a tutti! In questo periodo di grande incertezza tutti parlano molto di politica. Immagino che lo facciate anche voi al lavoro, al bar, sul web, in famiglia. E’ un momento delicato: fatte le elezioni, adesso siamo nella fase delle analisi in attesa di comporre un nuovo governo, che è un’operazione difficile ma anche urgente. In questo sito però non si parla di politica: non è opportuno, sono altre le cose che ci interessano. Noi parliamo soltanto di moto e di motociclisti.
Nel mio quartiere, a dominare la scena in questo momento è una Ducati Hypermotard SP 2013 con lo scarico Termignoni che fa vibrare i vetri delle finestre con la sua musica. Gran voce, qualche pensionato si lamenta. E’ uno spettacolo quando questa Hyper arriva al bar piegando come se fosse spiritata e gratta l’asfalto buttando scintille a dieci centimetri dal cordolo del marciapiedi. La gente fa il tifo dai tavolini all’aperto, finalmente qualcosa di nuovo! La guida il miglior giocatore di carte della zona, un vero artista, e d’altra parte la Ducati è una di quelle moto che non scegli con la testa, ma con la pancia e con il cuore; è una moto che sa soprattutto stupire e qui non si parla che di lei: “belìn, che tsunami!”.
Cinquanta metri oltre il bar fa sosta da anni una vecchia Guzzi Falcone, non quella originale degli anni Cinquanta con il suo bel volano cromato e tutto in vista, ma il rifacimento dei Settanta, quella con il carter squadrato e l’avviamento elettrico. Di un beige anonimo, qualche segno di ruggine qui e là, è la moto del salumiere, che tutte le mattine si presenta alle otto, solleva con cura sul cavalletto centrale il suo museo su due ruote, poi traffica con le chiavi, alza la serranda e va nel retro a infilarsi il grembiule blu. Ogni ora butta un’occhiata alla sua Guzzi attraverso la vetrina. “Non siamo mica qui a insaccare i falconi” dice sempre, per far sorridere i clienti. Tanto scontato che ci potresti regolare l’orologio.
Poco più in giù c’è la presenza più classica e ammirata del quartiere: la Gold Wing del ’94 del direttore della banca, una motorona molto ben tenuta e tutta sberluccicante di cromature. Gli esperti lo sanno che sotto le plastiche non c’è più una gran meccanica: quella Honda ha fatto un mucchio di chilometri, ha trasportato le più belle donne della via perché il ragioniere ci sa fare, ha fatto tardi la notte. Adesso è quasi alla frutta, lascia cadere qualche goccia d’olio quando è ferma, fuma leggermente allo scarico e la frizione slitta quando riparte alle 17 la sera. Ma la carrozzeria è talmente lustra e ben conservata che gli anziani la guardano e le signore sospirano.
E infine c’è la Vespa 150 rossa del commercialista, anzi non proprio la Vespa ma per l’esattezza la Cosa, quella di fine anni Novanta. La ricordate? Era come una Vespa ma più seria e impostata; era quel modello che doveva risollevare le sorti dello scooter e della stessa Piaggio, ci dissero che era l’Europa che la chiedeva, che sarebbe stata un successo, invece si rivelò un flop di breve durata. Il commercialista la tiene bene, come soltanto un commercialista sa fare: la scalda con cura quando parte al mattino per andare in ufficio, e mai cento giri più del necessario perché l’affidabilità è tutto.
Cosa dite? Che ho parlato di politica? Macché, sono soltanto moto e motociclisti….