Nico Cereghini: “Monza nei pasticci, ma era scritto”

Nico Cereghini: “Monza nei pasticci, ma era scritto”
Se i dirigenti restano al loro posto per 30 anni, è quasi fatale che si formi una ragnatela di interessi, che talvolta appaiono torbidi. Mi dispiace per Monza, è la “mia” pista. Ma da anni qualcosa non quadrava | N. Cereghini
22 gennaio 2013

Punti chiave


Ciao a tutti! Ho sempre amato Monza, e intendo la pista. E l’ho sempre odiata. Affascinante, storica, velocissima e pericolosa. Da ragazzo bigiavo il liceo e andavo a studiare i piloti, quei pochi impegnati nei test privati. Se c’erano Ago con la MV o il Paso con l’HD tanto meglio, ma bastavano anche due juniores con le loro Morini o le Motobi. Dalla tribuna sopra i box guardavo in silenzio ogni gesto, e quando quelli mettevano via le chiavi inglesi e infilavano i caschi, allora mi precipitavo alla Parabolica o al curvone a vedere le traiettorie. Che fossi in bici, in motorino o con la 98 Gilera. Anni così, poi una bella Ducati 250 Desmo in prova per Motociclismo, un giubbino leggero di nylon e un casco in prestito: dentro a girare sulla junior, senza nemmeno i guanti, 5.000 lire per dieci minuti, ammalato perso.

Prima delle varianti, prima del terribile incidente di Saarinen e Pasolini del maggio ’73, entrare a 200 all’ora nel curvone era folle e però bellissimo. Ho fotografati nella mente i primi giri della 500 km del ’72: Villa con la Trident, Brambilla sulla V7 Sport, e io con la SFC che tentavo di tenere la loro ruota. Il fascino della velocità, del rischio, è la magia del TT. Tutti sapevamo che cadere al curvone significava morire, però nessuno si tirava indietro. Soltanto la tragedia ci scosse: nacque la prima associazione piloti con Walter Villa che dal curvone era scampato grazie a Costa, e con lui ecco la consapevolezza, le battaglie con i gestori dei circuiti, i primi risultati. Fui accusato di essere “nemico di Monza”, perché alla fine gli spazi di fuga non si trovarono e noi non facemmo sconti.

Allora si andava a parlare con l’ingegner Bacciagaluppi, un anziano signore che era lì a dirigere l’autodromo fin dal 1948. Un omino piccolo piccolo che tutti rispettavano, diretto, preciso e onestissimo. Anche se si doveva entrare in rotta di collisione, con lui discutere era un piacere. Bacciagaluppi è morto una dozzina di anni fa, a 93 anni. Chissà se aveva capito che Monza stava correndo verso i guai.

Diciassette imputati tra i massimi dirigenti della Sias che gestisce l’impianto, alcuni ex-dirigenti del comune di Monza, persino un comandante dei vigili

Naviga su Moto.it senza pubblicità
1 euro al mese


Oggi la burrasca potrebbe spazzare via tutto. Diciassette imputati tra i massimi dirigenti della Sias che gestisce l’impianto, alcuni ex-dirigenti del comune di Monza, persino un comandante dei vigili. Accusati di una serie di reati per la gestione disinvolta, tutti respingono ogni addebito, anche il direttore Enrico Ferrari che è lì da sempre. Da 33 anni per essere precisi. Troppi anni. Politici e dirigenti andrebbero sostituiti di frequente.

Ho avuto ottimi rapporti con tutto lo staff dell’autodromo. E’ la mia pista fin dagli anni Settanta. Ci sono molte belle persone, e mi dispiace che adesso siano nei pasticci. Monza è sempre stato un impianto complicato: i verdi che guai a tagliare una pianta, gli speculatori edilizi che fanno la guerra, il Parco intorno che preme, l’ACI Milano troppo politicizzato e un anno fa azzerato dal TAR. Un casino. Però era da troppi anni che a Monza succedevano cose strane, a partire dal fenomeno dei paganti, che non sono mai stati più del cinquanta per cento dei presenti. “Qui scavalcano tutti!” era la giustificazione davanti ai bilanci strambi. Ma io non ho mai creduto che decine di migliaia di persone potessero correre la domenica mattina attraverso il parco e i campi da golf, infilandosi poi tra le maglie della recinzione per non pagare il biglietto. Ne conosco una decina che l’han fatto, ipotizziamo un centinaio in tutto. E i magistrati non credono alle favole.

 

Argomenti

Caricamento commenti...