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Ciao a tutti! A Milano non si vive bene, si sa, e anche noi motociclisti abbiamo i nostri guai; però tra tante rogne abbiamo anche un vantaggio: possiamo percorrere le corsie preferenziali. Eh già, mentre gli automobilisti e i veicoli commerciali fanno la coda, imprigionati nel traffico e spesso addirittura bloccati nelle ore di punta, noi filiamo senza pensieri condividendo ampie praterie (d’asfalto) con gli autobus, i taxi, gli imbroglioni con il finto-pass-disabili e pochi altri privilegiati. E’ una vera meraviglia, se pensate che ci bastano venti minuti per andare da un capo all’altro della città, da nord a sud lungo i vialoni della circonvallazione. Noi liberi come l’aria sulla pista ben delimitata tra le due corsie, gli altri condannati alle lunghe code della loro sfigatissima quotidianità. Bello sì. Finché dura.
Ore 8 del mattino. Con la mia bicilindrica mi piazzo a sinistra del taxi, fermo al semaforo rosso. Il taxista mi guarda storto, ma sbaglia: non sono sulla riga bianca di mezzeria, neanche la tocco, e la ruota davanti sfiora la linea di arresto come la Honda di Marquez sulla griglia del GP di Austin. Sono in pole, e chi mi frega più? Ingenuo: nei dieci secondi che mancano alla luce verde mi passano davanti in sei mentre un settimo si affianca a sinistra. Tutti scooter, anche due donne. Tutti da squalificare, maledizione, tutti fuori dalla loro casella, e l’”affiancatore” a sua volta viene affiancato all’ultimo istante, quando i motori salgono di giri e la muta dei concorrenti si lancia attraverso l’incrocio. Nonostante l’esperienza riesco a conquistare a malapena un posto di centro gruppo, e dovrò liberare una buona dose dei miei cavalli se vorrò riguadagnare sul dritto successivo una buona posizione per la nuova griglia. Ammesso che non trovi gente da 120 all’ora….
Nei dieci secondi che mancano alla luce verde mi passano davanti in sei mentre un settimo si affianca a sinistra
Sempre così, ad ogni incrocio e a tutte le ore del giorno. Quando va bene è battaglia, quando va male è dolore: non passa settimana che non mi tocchi soccorrere qualcuno. Conosco il suono del botto, il rumore della strisciata del metallo sull’asfalto, le grida dei testimoni spaventati, il pallore del motociclista a terra che è il più spaventato di tutti. Fatto male? Solo una botta? Chiamo l’ambulanza? Non spostatelo se gli fa male il collo. In un attimo si raduna il capannello, un medico nei pressi c’è sempre, un telefonino che chiami il 118 sbuca fuori in fretta. E purtroppo, i numerosi mazzi di fiori lungo i viali sono lì a testimoniare che non racconto frottole, e che gli incidenti anche mortali sono già tanti, moto contro auto, moto contro autobus, moto contro moto.
Si può inveire contro i taxisti di Milano? Si può quando è il caso, perché tra loro ci sono dei veri farabutti. Come del resto tra i motociclisti di Milano, siamo tutti delinquenti e vittime allo stesso tempo. I taxisti non ne possono più e naturalmente premono per riavere l’esclusiva delle corsie. E qui, se non ci diamo una regolata, finisce che il comune di Milano si stanca del quotidiano macello e fa scattare i divieti. E le nostre belle corsie preferenziali andranno a privilegiare soltanto autobus, taxi e furbetti col finto pass.