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Ciao a tutti! Si sa che una delle mete preferite dai motociclisti di mezza Europa, da giugno a fine settembre, è quella delle Alpi, e in particolare delle Dolomiti. Panorami ineguagliabili, strade dove guidare è uno spettacolo e perfino il motore se la gode. Naturalmente tanto fascino ha un prezzo: a luglio e agosto ci trovi molte moto, ma anche centinaia di auto, camper e ciclisti. Finisce che tanti di noi preferiscono girare al largo, la confusione sui passi, le code, gli incidenti e le severissime forze dell'ordine fanno di tutto per fiaccarci il morale e spegnere il sorriso.
Da qualche anno sui media locali si parla di disciplinare il traffico estivo. Manco a dirlo, tra quelli che strillano più forte ci sono i talebani che vorrebbero le misure più drastiche soprattutto nei nostri confronti, con messa al bando delle moto o pagamento di pedaggi salati; ma per fortuna i personaggi più ascoltati, tra i quali gli alpinisti Messner e Corona, difendono il diritto di tutti a frequentare quei posti.
In base a quale principio - si chiedono - possiamo rispedire a casa quelli che vengono dalla città per conoscere le nostre montagne? Certo, siamo troppi, e questa è la realtà, dunque bisogna che ciascuno rinunci a qualcosa. La soluzione più gettonata prevederebbe l'apertura dei passi nelle prime ore del mattino, fino alle 9 o alle 10, e poi la sera dopo le 18, con parcheggi e navette che portano in alto turisti ed escursionisti che arrivano nelle ore centrali di chiusura. Se ne discute, e fortunatamente si è capito che il pedaggio non funziona: al passo del Rombo, che collega la Val Passiria all'Austria a 2.500 metri di altezza, si pagano 21 euro per le auto e 19 per le moto. Andata e ritorno. Ebbene a leggere le cronache locali sembra che la situazione sia addirittura peggiorata, perché i veicoli restano comunque troppi e dicono che i motociclisti, dopo aver pagato, si sentono in diritto di andar su a tutta manetta. Quest'ultima sarà una leggenda, ma tant'è.
E lo stesso discorso vale anche per i sentieri, dove camminatori, ciclisti e motociclisti non riescono a convivere pacificamente. Il Club Alpino Italiano non brilla per disponibilità, diverse uscite dei dirigenti nazionali profumano di integralismo radicale, del tipo "noi e nessun altro". È chiaro invece che una soluzione comune va trovata, e deve passare attraverso l'amore per la natura, per i luoghi e il rispetto degli altri utenti che, osservando le regole comuni, hanno uguali diritti.
Si capisce che anche noi dobbiamo rinunciare a qualcosa: per esempio a sentirci i più forti. Io stesso, che sono prima di tutto motociclista e poi camminatore, ho dovuto qualche volta rinnegare la mia prima anima. Mi è costato. Ma c'è gente che circola sulle mulattiere come se fosse in prova speciale, e quando incrocia un bipede con lo zaino, invece di rallentare e cedere il passo accelera, e sembra si diverta a sparar sassi. Parlo di giovani, di ragazzini, ma anche di adulti. Si deve partire dal rispetto delle regole, è chiaro, a cominciare dalla targa regolarmente esposta e dall'impianto di scarico a norma.
E mi piace segnalare che anche nel CAI c'è gente aperta. La sezione di Reggio Emilia ha infatti siglato recentemente un accordo, un vero Codice Etico, insieme al Comitato Escursionisti su Ruote, alla federazione motociclistica, quella degli sport equestri e il coordinamento valle del Tassobbio. Si chiarisce come si fa a convivere tutti quanti su centinaia di km di sentieri nei comuni di Castelnuovo Monti, Canossa, Carpineti, Casina e Vetto d'Enza. I rispettivi sindaci hanno controfirmato. Il principio è la condivisione e l'amore del territorio, e poi il rispetto delle regole tra i pedoni e chi va in mountain bike, in moto, anche a cavallo. Si può fare.