Nico Cereghini: “Piloti senza passione?”

Nico Cereghini: “Piloti senza passione?”
E’ vero che i piloti di una volta erano più appassionati di quelli di oggi? Che contava il piacere di condividere e adesso conta solo il risultato? Storie, niente è cambiato
7 febbraio 2017

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Ciao a tutti! Sul sito si discute spesso di cosa sia diventato il motociclismo, e qualcuno di voi sostiene che sia peggiorato tanto, addio spirito di una volta e competitività troppo esasperata. “Conta solo il risultato e i piloti hanno perso umanità” dicono i pessimisti, ma io non sono d’accordo.

Mi capita sotto gli occhi un video di Bike70 sulla 24 Ore di Spa-Francorchamps del 1975, lo guardo con curiosità, maledizione in dodici minuti nemmeno un frame che mi riguardi! Eppure c’ero e conclusi, con la Laverda 1000 tre cilindri ufficiale in coppia con il grande Roberto Gallina. Anzi, leggo in fondo al video la classifica e vedo con stupore che coprimmo in due la bellezza di 3.767 km nelle ventiquattr’ore. Possibile? Possibile sì, alla media generale di 157 kmh con le soste, i cambi, i rifornimenti e tutto. Non si andava piano, sul vecchio circuito semi-stradale di Spa. Settanta equipaggi al via, 14 km di pista, e mi ritorna in mente un piccolo aneddoto, un gesto, pochi secondi soltanto.

Aveva piovuto sempre, fin dallo start alle 16 di sabato. A tratti un vero nubifragio, e comunque sempre acqua, e faceva pure freddo. Finalmente, proprio all’ultima ora, spunta il sole: un bel sole brillante, l’asfalto fuma, il verde si accende sui pini che circondano la pista, una bellezza che mi ricorda che siamo a Nord, nelle Ardenne, ma è pur sempre il 17 di agosto. Le braccia fanno male e bruciano gli occhi, il cuore canta perché ormai è fatta, la Honda Japauto di Huguet-Ruiz ha un vantaggio di tre giri, troppo, ma il secondo posto è nostro. Guido fluido, a memoria, come in un sogno, risparmiando il motore, senza tirare le marce, senza forzare le staccate, il terzo equipaggio in classifica (Lucchinelli e Fougeray con l’altra Laverda) è lontano. E a un certo punto raggiungo la BMW, che è quarta in ritardo di parecchi giri, la boxer ben preparata di Abfeld-Zettelmeyer. Due ragazzi che conosco di vista, appassionati e tenaci.

Chi dei due era alla guida l’ultima ora? A saperlo. Affianco A o Z che sia, e sono così felice che rallento per condividere con lui la gioia di questo momento irripetibile. Mi viene da dentro: tolgo la mano sinistra dal manubrio e la sporgo col pollice alzato. Che bello concludere bene una gara del genere! E lui, invece di partecipare alla festa, scarta verso di me e cerca di colpirmi e buttarmi giù. Lo schivo per miracolo.

Avrei dovuto cercarlo, il tedesco dopo l’arrivo. Ma c’era da correre alla premiazione, due Laverda sul podio, magnifico, e Gallina che mi dice “Non credevo che tu fossi così tosto”. E c’era da telefonare al mio amico Pino Allievi della Gazzetta dello Sport, che il giorno dopo titolò “Gallina e la Laverda secondi alla 24 Ore di Spa”. Ma questa è un’altra storia. Tornando al tedesco, magari era stravolto, non era del tutto in sé, forse non mi ha capito, ma una cosa è certa: fuori io, lui avrebbe guadagnato il terzo posto, e ancora oggi mi meraviglia la rapidità della sua azione.

Il pilota è cuore d’oro e insieme cuore di pietra. Lo è oggi, lo era già negli anni Settanta e probabilmente nei Cinquanta, e ancora prima. Lo sportivo è individualismo allo stato puro, ambizione, fame, guai a perdere il confronto. Duri in gara, molto appassionati fuori, e quando meno te lo aspetti arriva un calcio nella carenatura (tanti calci, nella storia) oppure il bel gesto disinteressato e talvolta eroico: Lucchinelli che si ferma a soccorrere Uncini rinunciando alla gara, Merzario che salta nel fuoco e tira fuori Lauda dalla Ferrari. E’ accaduto ieri e può ricapitare oggi, niente è cambiato.

 

Piloti senza passione
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