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Ciao a tutti! Se vi è capitato di viaggiare sulle strade dell’Alto Adige e del Trentino avrete visto i cartelli della campagna No Credit 2017: un motociclista con casco e abbigliamento tecnico che tiene in braccio un neonato. Lo slogan sotto la foto vuole richiamare il senso di responsabilità verso i propri familiari, ma anche verso se stessi e il prossimo in generale. Sono dieci anni che la provincia di Bolzano fa la sua campagna estiva per la sicurezza stradale. Quest’anno, oltre ai cartelli (che troverete anche in provincia di Trento) è stato rifatto il manto stradale su un centinaio di km ed è stata installata su ulteriori 850 metri di guard-rail la fascia bassa di protezione per i motociclisti. Così si legge sui comunicati.
Ricordate il cartello dell’anno scorso? Una motociclista in piedi fotografata di spalle, casco in mano e la gamba sinistra artificiale. Un pugno nello stomaco, lo definimmo sul sito, un messaggio molto forte che suscitò tra i lettori reazioni diverse. A molti, e pure a me, dava fastidio l’impressione di essere l’unica categoria sotto osservazione. Benché fosse abbastanza chiaro che il messaggio era rivolto anche agli altri, agli automobilisti, per sensibilizzarli sulla necessità di rispettare tutti gli utenti deboli e noi tra quelli. C’erano molti lettori che protestavano: “ma perché non se la prendono con gli automobilisti che guidano col cellulare in mano, o con i camperisti che si fermano dietro le curve per ammirare il panorama, o con i ciclisti che viaggiano affiancati?” Con i vostri commenti mi sono presentato in Provincia, qualche mese fa, con l’intenzione di chiarire le cose.
Sono stati piuttosto convincenti. Intanto mi hanno garantito di essere lontani dall’intenzione di criminalizzare il motociclista. Anzi, all’opposto, la campagna è nata nel 2006 sotto la spinta di un alto dirigente che era un appassionato motociclista, e che vedeva troppi incidenti e voleva salvare i colleghi. Dai 25 morti del 2005, nella sola provincia di Bolzano, sono passati ai sei del 2016; dai 5,5 incidenti al giorno sono arrivati ai 4,5. Anche per merito delle buone strade e delle molte barriere messe in sicurezza. Ci capiscono, dicono che vorrebbero lottare contro tutti i comportamenti pericolosi, ma il budget è limitato e il messaggio deve essere forte e uno: il motociclista è scelto in rappresentanza di tutti gli utenti deboli. E magari, aggiungo io, è anche quello per loro più a rischio, perché in qualche caso tende ad esagerare tra le curve dei passi; dove può sempre incontrare i telefonisti al volante, i camperisti distratti e i ciclisti in formazione tre a tre.
Responsabilità. La parola è stata usata la settimana scorsa anche da alcuni lettori che, commentando la mia raccomandazione dopo l’omicidio della Valsusa (“non reagite alle prepotenze stradali, abbiamo troppo da perdere”), facevano giustamente notare che qualcosa possiamo e dobbiamo fare: educare i figli al rispetto delle regole, per esempio, e pretendere che la scuola faccia altrettanto. Altri, poi, suggerivano di tenere una webcam sul casco: da quando ce l’hanno, dicono, ottengono maggior rispetto dagli altri utenti della strada. Va chiarito che le immagini girate saranno eventualmente utilizzabili soltanto in sede penale (minacce ricevute, per esempio, o gravi lesioni subite per colpa altrui) oppure anche per chiarire la dinamica di un sinistro con l’assicurazione. Niente di più, ma intanto una telecamera che si presume accesa può diventare un buon deterrente per i criminali in circolazione. Giusto, dobbiamo in qualche modo difenderci.