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Ciao a tutti! E’ una ricorrenza particolare quella di oggi: il 20 maggio è la data di Saarinen e Pasolini a Monza e contemporaneamente il 1973 è l’anno - lo dice l’Istat - che fece registrare il picco storico assoluto della mortalità per incidenti stradali in Italia. Ci furono oltre 11.000 vittime, quell’anno, con un parco circolante che valeva circa un terzo di quello attuale! Oggi dunque è per me obbligatorio parlare di pericoli e di sicurezza, e mi viene da dire che nel “motomondiale” abbiamo imparato la lezione, ok, ma sulla strada no.
Nelle corse forse si poteva fare ancora di più, ma sono convinto che tutti gli operatori abbiano fatto e dato il massimo. Genericamente parlando, le nuove piste sono state rivoluzionate e quelle vecchie non migliorabili sono sparite dal calendario; le protezioni dei piloti sono evolutissime anche se il collo del pilota resta vulnerabile; e ancora la federazione è molto cambiata, l’organizzazione delle gare pure, i progettisti delle moto mettono al centro la sicurezza eccetera.
Per quello che accade sulla strada il discorso è molto diverso. Nella direzione della sicurezza sono stati fortemente evoluti e migliorati i veicoli, questo sì, ma le strade non abbastanza. E adesso la situazione sta addirittura peggiorando per almeno due ragioni: le risorse per mantenere i minimi livelli di sicurezza delle infrastrutture mancano (oppure finiscono altrove); i comportamenti degli utenti della strada stanno peggiorando e quasi nulla si fa per cambiare direzione.
Il crollo del ponte Morandi sei anni fa è lì a ricordarci quanto siamo messi male in Italia: le strade sono in gran parte degradate, le infrastrutture molto spesso obsolete. E la politica da troppo tempo balbetta: manca un piano generale di adeguamento, lo si sarebbe potuto e dovuto fare con il famoso PNRR, e sta passando una parola d’ordine che diventa convinzione: non ci sono le risorse. Faremo magari il ponte sullo Stretto, ma per i guard rail salvamotociclisti e per riparare le buche come si deve “mancano i fondi”.
E poi i temi della cultura della sicurezza e del rispetto delle regole. Abbiamo visto di recente lo studio europeo chiamato “barometro della guida responsabile”, dal quale è emerso che siamo tra i peggiori automobilisti europei e i più aggressivi in assoluto. Come ci siamo arrivati, in fondo alle classifiche? Nella più assoluta indifferenza. L’imbarbarimento degli italiani sulla strada è un fenomeno noto da molti anni, le cronache quotidiane riportano segnali del disagio crescente, la cultura dominante è quella della prestazione e i social lanciano benzina sul fuoco. E noi siamo ancora lì ad aspettare che l’educazione civica e quella stradale entrino tra le materie della scuola.