Nico Cereghini: “Suoniamo come a Napoli”

Nico Cereghini: “Suoniamo come a Napoli”
Un ingegnere partenopeo, che oggi vive al nord, mi scrive per riflettere sull’uso del clacson, anche in città, come salvavita del motociclista. Ogni proposta è utile se può salvarci la pelle
14 agosto 2018

Ciao a tutti! Torno sul tema di quindici giorni fa, pericoli della strada e troppi incidenti: l’occasione me la dà un lettore che ha una prospettiva originale e interessante sull’uso del clacson, di cui è – si può dire - uno specialista.

Perché Francesco, così si chiama, è un ingegnere motorista che oggi lavora in Emilia dopo aver vissuto anche a Milano, ma che proviene da Napoli.
"Nel caos urbano di Napoli – mi scrive - mio padre e i miei amici mi hanno insegnato fin da ragazzino che l’unico modo per sopravvivere era e resta quello di segnalare di continuo la mia posizione e il mio arrivo con un colpettino di clacson, come del resto fanno tutti”.

Al Nord, ha scoperto poi Francesco, è diverso: si tende a rispettare il codice della Strada, per il quale l’uso del clacson è consentito fuori dai centri abitati e soltanto per evitare incidenti. Perché è proprio così: nei centri abitati le segnalazioni acustiche sono espressamente vietate dall’articolo 156, “salvo i casi di effettivo e immediato pericolo” e le multe vanno da 41 a 168 euro. Insomma tra le mura cittadine del Nord, ha rilevato il lettore, si ricorre al clacson unicamente in condizioni di estremo pericolo oppure per rimproverare qualche indisciplinato utente della strada. Ed è così che viene vissuto da chi lo subisce: come un grido di rabbia. Allora, conclude Francesco, è molto meglio a Napoli.

Si ricorre al clacson in condizioni di estremo pericolo oppure per rimproverare qualche indisciplinato utente della strada. Ed è così che viene vissuto da chi lo subisce: come un grido di rabbia

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Alla fine lui, come del resto faccio pure io e chissà quanti di noi, qualche breve colpetto di clacson lo dà comunque anche in città tutte le volte che intravvede un pericolo potenziale. E vorrebbe – ecco l’originalità - che si capisse che non sta suonando per rimproverare qualcuno o per arroganza, ma semplicemente perché tiene alla propria incolumità e anche a quella di quell’altro utente: proprio colui che ha iniziato una manovra che potrebbe portare a una caduta dalla moto o alla collisione. 

“Prima o poi - considera Francesco - un agente di Polizia locale vorrà multarmi; e io non aspetto altro per far valere le mie e le nostre ragioni, convinto come sono che per un motociclista sia di fondamentale importanza ricorrere a quel colpettino di clacson, magari anche in prossimità di un incrocio e con il verde a favore”.  

Il nostro ingegnere napoletano è fiducioso che, anche con l’aiuto del nostro sito, un giorno anche nel civilissimo nord Italia quel richiamo verrà interpretato non più soltanto come un disturbo, ma come un salvavita. E non so cosa ne pensiate voi, ma io non credo affatto che Francesco sia un ingenuo o uno sprovveduto: progetta dei gran bei motori da moto, tra i migliori. 

Editoriale 14-08-2018
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