Nico Cereghini: tibia e perone, brutto farsi male

Nico Cereghini: tibia e perone, brutto farsi male
Dall’infortunio di Valentino ai nostri personali, toccando ferro, tanto per ricordare come è importante mantenersi sani | N. Cereghini
8 giugno 2010

Punti chiave


Ciao a tutti!
Quando un amico si fa del male lo andiamo a trovare e gli facciamo coraggio. Ma subito dopo, forse per esorcizzare il dolore o magari semplicemente perché non sappiamo come riempire i silenzi, passiamo ad elencare dettagliatamente i nostri infortuni del passato. L’avete notato anche voi?
Cinque minuti e il dialogo diventa un archivio del traumatologico: gambe e braccia, clavicole e costole, polsi e caviglie, tutti i presenti hanno già collezionato almeno un paio di fratture a testa, e c’è anche quello che ha subìto esattamente la stessa identica conseguenza del ferito. Una vera fotocopia.
E il bello, o il brutto, è che nessuno millanta. Di solito è proprio tutto vero, e l’elenco dei guasti può essere anche molto lungo, direttamente proporzionale all’età dei partecipanti. 

Anche io ho riportato la frattura (scomposta ed esposta) di tibia e perone. Ad essere pignoli la gamba era la sinistra e non la destra, ma in compenso ho fratturato anche una clavicola, tre costole, due dita della mano, un gomito e due caviglie

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Dunque non vi deve stupire se vengo a raccontarvi che a suo tempo ho riportato anch’io, come Valentino Rossi, la frattura scomposta ed esposta di tibia e pèrone. Ad essere pignoli la gamba era la sinistra e non la destra, ma in compenso ho fratturato anche una clavicola, tre costole, due dita della mano, un gomito e due caviglie. Tutto in incidenti diversi, quasi tutti sulla strada, e i più gravi in città.
E questo mi serve a ricordarvi che, attenti, è proprio nel traffico a bassa velocità che corriamo i maggiori pericoli.
Tornando alla mia gamba e a quella di Valentino, io credo che se tutto funzionerà per il meglio –e non possono esserci dubbi perché il Dottore è seguito dai migliori… colleghi- il magico 46 tornerà a correre entro il mese di agosto, magari già a Laguna Seca a fine luglio. Speriamo e tocchiamo ferro.

Ma ora mi interessa un aspetto generale. Qual è, secondo la vostra esperienza personale, il lato peggiore della faccenda infortunio?
Dolore, paura, dottori, verdetti, ricovero, riabilitazione o cos’altro? Il dolore fisico della frattura, per quanto mi riguarda, non è mai stato insopportabile –peggio la colica renale- e comunque si dimentica in fretta. I medici sono stati attenti e preparati, a parte qualche bastardissima eccezione, e accettabile anche l’ospitalità dei reparti traumatologici.
Quello che mi ha sempre spaventato è il dubbio di non tornare “normale”. Si passa improvvisamente dal mondo dei sani a quello dei malati, si entra in contatto con il dolore e con l’angoscia, e non siamo mai preparati a questo passaggio. E allora vacilliamo.

Capisco bene la smorfia di Valentino. Quella fotografata immediatamente dopo il doloroso atterraggio. Sono sicuro che non era dolore fisico: di solito nei primi istanti il cervello stacca la connessione con la parte distrutta, è l’istinto di sopravvivenza che lavora. Sono certo invece che, vedendo con orrore quella gamba articolata dieci centimetri sopra la caviglia, in quel momento ha temuto addirittura di perdere un pezzo, ha pensato che il piede si sarebbe staccato appena i soccorritori avessero provato a togliergli lo stivale. Terribile. Poi è passata. E ha ritrovato il coraggio e l’ottimismo.

E non arrabbiatevi se qui parlo di Rossi. Vero, da sabato scorso non si parla d’altro! Ma è soltanto per far tesoro degli eventi e riflettere su quanto è bella la vita e quanto è importante godersela a lungo.
 

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