Nico Cereghini: “Una storia di malagiustizia che si stenta a credere”

Nico Cereghini: “Una storia di malagiustizia che si stenta a credere”
Chiara La Mendola aveva 23 anni: morì sbalzata dallo scooter per colpa di una buca profonda ben dodici centimetri, ad Agrigento. Accadeva dieci anni fa e i fratelli della ragazza hanno dovuto minacciare di legarsi al ministero della Giustizia per sbloccare una sentenza ferma da... due anni!
24 aprile 2023

Ciao a tutti! Leggo della vicenda sulla stampa siciliana, uno di quei racconti che fanno male. I fratelli di Chiara La Mendola, morta con lo scooter dieci anni fa per colpa di una buca, hanno dovuto minacciare in una intervista al TG di incatenarsi al Ministero, per avere giustizia dopo una serie incredibile di ritardi. Due anni dopo la condanna in Appello dei due dirigenti comunali responsabili, il giudice non aveva ancora depositato la sentenza…

Cominciamo dall’inizio, è una storia che riguarda tutti noi motociclisti. Chiara aveva 23 anni quando morì, nel dicembre del 2013, dopo essere stata sbalzata dal suo scooter a causa di una buca profonda ben 12 centimetri. Tutto accadeva ad Agrigento, Chiara era finita poi contro un’auto riportando ferite gravissime. “La morte di Chiara ha distrutto le nostre vite” hanno gridato i fratelli chiedendo l’intervento del Ministro Nordio.

Il tribunale di Agrigento aveva giudicato due funzionari del Comune - il dirigente dell’ufficio tecnico e il responsabile delle strade - colpevoli di omicidio colposo e condannati alla pena di un anno per la “mancata riparazione di una profonda buca stradale”. I fondi comunali erano forse esigui, ha decretato il giudice, ma non così tanto da non poter riparare una buca o almeno segnalarla.

La condanna di un anno era stata confermata in Appello a Palermo due anni fa. Ma ecco lo scandalo: le motivazioni della sentenza non erano mai state depositate, nonostante la legge preveda il termine massimo di 90 giorni! Si è scoperto che il giudice che aveva emesso la sentenza di Appello era andato in pensione... e semplicemente non erano subentrati altri giudici. C’era il rischio concreto che il reato andasse in prescrizione e la causa civile restasse congelata.

Dopo la protesta dei fratelli di Chiara il caso era arrivato (attraverso il senatore siciliano Sallemi) al sottosegretario alla Giustizia Delmastro, che aveva presentato una interrogazione. Ora che la sentenza finalmente è stata depositata, i fratelli della ragazza hanno tenuto a ringraziare sottosegretario e senatore. Il loro avvocato Giuseppe Arnone, si è spinto più in là e ha chiesto che sia “posta in essere l’attività ispettiva in ordine all’operato della Corte d’Appello di Palermo, in quanto la sentenza del caso La Mendola è solo una delle scandalose storie di inammissibili ritardi”.

Siamo con l’avvocato. Le buche sono un problema sempre più serio e c’è chi è chiamato ad occuparsene per il ruolo che riveste, che sia un Ente o un funzionario. Se a causa di una buca ci facciamo male, o rompiamo la moto, tocca a noi dimostrare l’incuria o il dolo altrui: è un’impresa difficile, ma ci possiamo provare. Non è ammissibile che, giunti alla condanna, la Giustizia si fermi soltanto perché un giudice è andato in pensione.

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