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Ciao a tutti! Dopo tanto gelo è spuntato finalmente il sole e anche i motociclisti freddolosi cominciano ad uscire sulle strade. Noi, che siamo stati in giro anche a Natale, lo sappiamo bene: sono strade molto brutte, perché i gestori non hanno un soldo, e perché le forti escursioni termiche non sono tra i migliori amici dell’asfalto; sono strade piene di trappole, spesso vere voragini, insidiose per le ginocchia e tutte le vertebre arrugginite dal letargo.
La moto ideale? La più adatta alle prime uscite di primavera sarebbe quella con le sospensioni ad ampia escursione, morbide di pre-carico per incassare le botte, ben frenate nel ritorno idraulico perché non salti come un camoscio. Ma questa è una deviazione tecnica che lascia il tempo che trova: si esce con la moto che si possiede, quella che passa il convento o meglio quella –come direbbe l’ex-pilota Ezio Gianola- “che passa col vento”. Gianola: era forte come pilota e forte nella scelta del lessico, solo apparentemente improvvisato.
Tornando alla moto, controllate almeno lo stato e la pressione delle gomme. Lo so che pare una raccomandazione superflua, che queste cose le sapete; ma ho imparato che ognuno di noi ha una straordinaria capacità di immagazzinare un mucchio di informazioni inutili e dimenticare alcune delle cose più elementari. Almeno, a me è capitato così.
E mi viene in mente quella volta che, nel turno decisivo delle prove ufficiali della 1000 Km del Mugello, luglio del lontano 1975, io non mi capacitavo di come la mia Laverda continuasse a sfollare. I tempi non venivano, con quel guaio: ero ben lontano dal mio limite e Augusto Brettoni, che condivideva la tre cilindri 1000 con me dall’inizio della stagione, scuoteva la testa preoccupato e mi diceva “strano, a me non succede”. Bene, quando mancano dieci o quindici minuti alla conclusione del turno, e Brettoni si accinge a ripartire dal box per l’ultimo attacco, mi viene l’illuminazione. Lo fermo, infilo il casco e riparto come un ossesso. Idiota che sono! Avevo del tutto rimosso che già da marzo, per agevolare gli innesti “ruvidi” della moto ufficiale, avevamo montato un comando del cambio a bilanciere! Come sulle moto d’epoca, per premere con forza con la punta o con il tacco.
La frustrazione quella volta si è trasformata in rabbia, e urlando dentro il casco mi sono fatto bastare tre giri per portare la 1000 ufficiale nelle migliori posizioni in griglia
Io, che usavo quotidianamente in strada una SF 750 con il suo bel comando a levetta singola (e in campionato la Suzuki 500 Jada) non salivo sulla 1000 Endurance dalla 24 Ore di Barcellona, due mesi prima, e avevo del tutto dimenticato la faccenda. Per farla breve, la frustrazione quella volta si è trasformata in rabbia, e urlando dentro il casco mi sono fatto bastare tre giri per portare la 1000 ufficiale nelle migliori posizioni in griglia. In gara, poi, avremmo colto la terza posizione dietro alla Ducati ufficiale di Ferrari-Grau e alla Guzzi ufficiale di Sciaresa-Mulazzani. Honda e Kawa ruppero motori a raffica. Faceva un caldo tale che persi due chili di peso.
Ora, qualcuno di voi penserà che sono un gran fesso e non posso dargli torto. Però magari non sono il solo. E mentre vi raccomando per l’ultima volta di tenere gli occhi aperti e non dare mai nulla per scontato, chiedo: vi è mai capitato di fare errori clamorosi come questo, alla guida della moto?