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Ciao a tutti.
A scuola mi insegnavano che la velocità, spazio percorso in funzione del tempo, è una grandezza. E sarà anche giusto, non dico di no, però vedete come la scuola rovina tutto? Per me la velocità era un sogno. E adesso Valentino Rossi aggiunge che la velocità è un fatto di abitudine: dopo un po’ ti sembra di andare adagio. Significa che le emozioni scadono come i prodotti alimentari?
Provate a tornare più indietro possibile: ve la ricorderete la prima esperienza di alta velocità. Io ero un sedicenne ancora imberbe con la mia Gilera Giubileo, l’ago del contakm ballava vicino alla tacca dei 100 all’ora, ma realisticamente io credo piuttosto che correvamo, la Gilera 98 ed io, sugli 85, al massimo. Spianato sul serbatoio, senza guanti senza casco e senza neanche un paio di occhiali perché la sicurezza non faceva ancora parte della nostra cultura (e soldi pochi), tenevo questa velocità da brivido sulla Milano-Lecco, la bocca storta per respirare, e intanto pensavo “che figata, questa è la gioia più grande della vita, chissà come deve essere andare a 150!”.
Ma appunto: alla velocità ti abitui, e anche in fretta. Altro che 150: qualche anno dopo, sulle Suzuki RG 500 e sulle 750 e 1000 da corsa che guidavo in pista, sfioravo i 300 e non mi faceva neanche una grande impressione. Al Castellet, sui due km del rettilineo del Mistral, si andava forte: era il 1975 e John Newbold (Suzuki RG) già registrava 314 kmh.
Era il massimo, anche se avevi paura perché molti piloti ci erano morti, spesso sotto i tuoi occhi. La verità è che la velocità ha un gran fascino, la velocità è come una droga
E se alla velocità si fa l’abitudine, non vuol dire che il cuore batta sempre nello stesso modo. Ho corso sui 14 km del vecchio circuito di Francorchamps -dove Cecotto girava nel ’78 a 222,36 di media- prima che fosse accorciato per sicurezza; ho girato sul velocissimo budello di Salisburgo, fasciato di guard-rail; ho fatto in tempo a correre a Monza senza le varianti, con il curvone da impostare in pieno, con una 750 da 230 all’ora, se volevi fare il tempo.
Piste pericolosissime, fortunatamente corrette o cancellate del tutto; ma devo confessarvi una cosa: guidare su quelle piste era molto ma molto più bello che altrove. Era il massimo, anche se avevi paura perché molti piloti ci erano morti, spesso sotto i tuoi occhi. Ma la verità è che la velocità ha un gran fascino, la velocità è come una droga.
In pista oggi è quasi tutto ok. Magari i tracciati sono troppo omogenei, e si somigliano spesso, però sono sicuri. Ma in strada? Anche in strada ci si abitua alle alte velocità, anche in strada la velocità ha un gran fascino. E’ per questo che sopravvive il mito del TT, è per questo che tanti motociclisti continuano a correre forte anche tra noi e ben al di là dei limiti.
Però bisogna almeno averne coscienza, sapere come stanno le cose, poi liberi di scegliere: la velocità è una specie di droga, si dice “tirare come dannati” perché può diventare davvero una condanna.
Ascolta l'audio di Nico nel box in alto a sinistra.