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Ciao a tutti! Un paio di stivaletti da velocità indossati per una sola gara, appena appena consumati. La fotografia ha cinquant'anni ed è bellissima, sui social qualcuno ha detto che ricorda il Cristo del Mantegna, e in effetti questa è arte: qui c'è tutto lo spirito di una delle gare più massacranti del mondo, la 24 Ore di Le Mans. Non so chi sia l'autore. Nella pausa tra un turno di guida e l'altro, uno dei due piloti (allora si correva in coppia) si butta dove capita dentro il box, senza nemmeno cambiarsi. E si addormenta di schianto. Possiamo immaginare il fracasso degli scarichi liberi delle moto in gara, la confusione e le grida e la voce amplificata dello speaker. Ma il pilota dorme sereno. Magari per venti minuti o poco più.
Il protagonista della fotografia è Augusto Brettoni, toscano di Barberino Val d'Elsa, leggenda della Moto Laverda. Siamo a Le Mans nel settembre del 1971, si corre il mitico Bol d'Or, la 24 ore per eccellenza. Quell'anno la coppia Brettoni-Gallina con la 750 SFC era fortissima, a luglio aveva vinto la 24 del Montijuich a Barcellona, qui a Le Mans finì seconda dietro agli inglesi con la Trident ufficiale. Fossero andati anche alla terza e ultima gara di Truxton, bastavano tre punti, il titolo era loro. Non andarono, e il cruccio di Brettoni è quello.
L'altro cruccio, per il toscano, è l'aver fatto arrabbiare Signori Dino. Qui mettere il cognome davanti al nome è corretto, perchè il personaggio era il titolare della Sidi, famosi stivali, S da Signori e D da Dino. Signori aveva regalato al pilota della Laverda un paio di stivali nuovi per la 24 Ore. Grazie tante, è un regalo gradito, disse Augusto. Ma nel contempo anche un amico olandese gli aveva regalato un paio di stivali. Consumati e infradiciati i primi, Brettoni era passato agli stivaletti olandesi, protagonisti della bellissima foto e finiti sui giornali. Ma perché gli stivali, negli anni Settanta, si consumavano come biscotti anche se si piegava molto meno di oggi?
Questione di posizione di guida. Per le nostre grosse moto di allora è intuitivo: motori larghi, moto basse e la necessità di un assetto abbastanza confortevole per reggere ventiquattr'ore. Oggi i piloti dell'Endurance sono tre per moto, gambe e braccia sono stressate come su una SBK, ma sono dei professionisti molto allenati. Noi eravamo soltanto motociclisti a tempo pieno.
Però anche sulle GP di quel periodo si bruciavano le suole degli stivali. Lucchinelli ce l'aveva eccome, quel problema, fino a grattare a sangue il mignolo del piede. Oggi i piloti della MotoGP hanno il piano della sella molto alto, le pedane altissime, e vedete con quale impegno curano la propria posizione di guida. E però il problema resta: si piega tantissimo, il piede resta ingombrante, per questo gli stivali sono corazzati all'esterno della punta. I tempi cambiano, ma la moto è la moto, e la piega resta la manovra più affascinante della guida.