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E adesso che tutti si mettono in testa di diventare preparatori e di trasformare la propria cantina in un garage e buttarsi anima e debiti nell'apertura di un piccolo atelier per la realizzazione di special su misura, adesso che da almeno un quinquennio le cafè racer hanno raggiunto agli occhi del pubblico, anche quello meno appassionato, la dignità di motociclette e non di semplice riparazione di fortuna (che fu un po' il senso della Speed Triple seconda serie...) ora, dicevo, arriva lui a dichiarare semplicemente d'essere un “meccanico”: mani sporche ogni santo giorno, dita scivolose e lingua intinta nel dialetto siciliano. Si chiama Nino: non Edmund, non BrianJohnRolandTony; non Adalberto, non ma solamente Nino il meccanico: due sillabe e lo hai davanti. Customizer, bike maker, bike artist, custom designer.
Nella sua officina niente salotto, niente hipster, Glemseck nemmeno si sa dove sia nella cartina, nessuna foto che lo ritragga con qualche nome noto dell'esclusivo mondo della trasformazione. Un luogo che nella sua banalità a gente come me fa venire voglia di comprare una vecchia moto e trasformarla; quella stessa voglia che spesso, quando la moda prende il sopravvento viene tristemente diluita in fiumi_mari_oceani di onanistiche e pregiudizievoli elucubrazioni.
Nel mio piccolo, immagino che la dottrina religiosa della special bike sia organizzata in un paradiso dove le migliori realizzazioni dei più acclamati designer si annoiano posizionate su lucidi trespoli, mentre i loro customizer bevono l'ennesimo drink in compagnia di tante belle ragazze; un purgatorio dove alle sette di sera si tiene un happy hour in cui illusi parvenu cercano di conquistare il biglietto per il piano superiore sfoggiando le loro moto talvolta belle, talvolta di maniera, talvolta pure funzionanti; tre piani sotto, un caldissimo inferno scaldato dalla fucina di chi se ne frega e le motociclette le modifica col proprio estro e la propria passione, non segue le mode (principalmente perché non le conosce) e pensa più che altro a fare una moto migliore di quella dalla quale è partito: il girone dei riparatori condannati a provare un arcano piacere nel smontare e rimontare, ingegnandosi a trovare la soluzione più semplice aspettando il guizzo o l'ispirazione, ecco dove collocherei Nino Maccarrone from Acireale, Sicily.
Dopo avere trascorso un intero giorno estivo in una Acireale deserta a giocare con quattro delle sei moto (due BMW K1100RS 16v, una Moto Guzzi V35, una BMW R65) che Nino mi ha gentilmente messo a disposizione, le definirei delle cafè racer ottenute da vecchie glorie provvedendo personalmente ad ogni modifica e finitura che non sia rivestire la sella; sono moto sincere che non chiedono altro di essere guidate e divertire, senza pretesa di fare colpo ad ogni costo e di seguire qualche corrente stilistica e proprio per questo loro pregio si fanno perdonare qualche piccolo particolare non perfetto come, solo per fare un esempio, i tratti incerti dei filetti verniciati a mano.
Ciò che ho apprezzato delle moto di Nino è stata la grande cura nel rendere tutte le modifiche funzionali al puro piacere di guida, con in primo piano l'aumento dell'interasse del mono posteriore per caricare maggiormente l'avantreno e l'intrigante rinvio sul cardano del Guzzi. Tutta roba fatta in officina a furia di tentativi e pazienza, rispettando sempre sia la perfetta reversibilità dell'operazione che la possibilità di rimanere vagamente perdonabili dal codice della strada, quando applicato da un misericordioso padre di famiglia.
Ma a parte il rigoroso rispetto del principio che una moto deve principalmente essere sicura e affidabile, le moto in prova mi hanno stupito per la grande manegevolezza (nel caso dei K1100 RS il risparmio di peso è nell'ordine dei trenta chili) che rende la loro guida poco impegnativa, fatta la mano alla tenuta relativa degli pneumatici tassellati, a dispetto di tante altre realizzazioni che pur di stare dentro le mode del momento sacrificano in parte le prerogative dinamiche. La mia preferita? La K1100 RS rossa/nera a manubri bassi: un sorprendente equilibrio dinamico che mi ha condotto a pieghe notevoli dopo poche curve con il sottofondo di un sound imbronciato ma civile.
Le moto di Nino non hanno un brand, non sono da sfoggiare all'aperitivo, non vi faranno invidiare da nessuno; nessuna linea d'abbigliamento è abbinata e non possiedono nemmeno un nome che le identifichi; nessun blog patinato da dopolavoro garagesco le metterà mai in prima pagina, insomma non faranno mai figo il loro proprietario né chi le volesse giudicare con quell'aria da intenditore dall'autorevolezza tutta da dimostrare, però rimettono maledettamente in pace con quel gusto un po' primitivo, quasi inusuale per delle special, di dare il gas e sapere che tutto funziona, che la moto non vi mollerà nel bel mezzo di un viaggetto o nel fine settimana perché grazie a Dio il suo costruttore/preparatore è un meccanico di mestiere.
Sono moto per tutti, credo pure nel prezzo di acquisto, che nascono non per stupire ma nella logica di affidare la preparazione della propria motocicletta ad un professionista piuttosto che impegnare il garage di casa per mesi, rischiare un disastro, una costosa separazione dal coniuge e avere comunque risultati tecnici incerti.
Chiedo quindi umilmente a chi volesse giudicare queste motociclette di non usare il metro dell'appassionato di arte o la scala di valore del rigore estetico, dell'innovazione, della citazione colta ma semplicemente di capire se viene voglia o no di salirci sopra e di farci un bel giretto.
Io il giro l'ho fatto, mi sono divertito e ho anche avuto il piacere di conoscere e ringraziare il loro customizer. No, scusate: il loro meccanico.