Non solo Yamaha!

Non solo Yamaha!
Nella splendida esposizione di Castenaso, alle porte di Bologna, sono in mostra anche eccellenti esemplari di alcuni dei nostri costruttori più prestigiosi | M. Clarke
6 luglio 2012

Oltre a quelle della casa dei tre diapason, all’interno del museo Poggi, in un’ampia sala adiacente, sono esposte anche numerose moto delle industrie nostrane, prodotte negli anni Cinquanta e Sessanta. Accanto a nomi assai noti, ce ne sono altri meno conosciuti ma non per questo di minore importanza storica. Non si tratta solo di mezzi da competizione, ma anche di normali modelli stradali, alcuni dei quali rari o comunque di particolare interesse tecnico. O semplicemente tali da suscitare un’ondata di nostalgia nel cuore degli appassionati non più giovanissimi… In questa sede ecco alcuni di essi, scelti pressoché casualmente e descritti in maniera sintetica. Si tratta solo dell’inizio, però; per tanti altri ci sarà spazio in futuro!


La CM è stata una casa bolognese di dimensioni relativamente modeste ma che ha prodotto moto di elevato livello tecnico e qualitativo. Fondata da Mario Cavedagna nel 1930, si è ben presto fatta apprezzare per una serie di eccellenti monocilindrici a quattro tempi, realizzati in cilindrate comprese tra 175 e 500 cm3. I modelli di impostazione più sportiva erano dotati di distribuzione monoalbero, mentre per gli altri si impiegavano gli schemi ad aste e bilancieri o, in qualche raro caso, a valvole laterali. Dopo la seconda guerra mondiale la casa ha ripreso l’attività con alcuni modelli prebellici leggermente riveduti ma soprattutto con delle brillanti e versatili due tempi di nuova progettazione. Nel 1949 è entrata in produzione la 125, mentre nel 1950 è stata la volta di una brillante 250 a due cilindri paralleli, presentata l’anno prima, con la quale la CM si poneva in una posizione di particolare rilievo nel panorama motociclistico nazionale. Si trattava infatti di un mezzo

CM 250 da competizione con freno anteriore a tamburo centrale
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estremamente avanzato dal punto di vista tecnico, il cui schema costruttivo mostrava una strada che negli anni successivi molti altri avrebbero seguito. Oltre al modello base, di questi bicilindrici è stata realizzata una versione sportiva e sono stati anche prodotti alcuni esemplari di una versione destinata alle competizioni. Famosa è rimasta la vittoria della CM nella classe 250 alla Milano-Taranto del 1956. La casa bolognese ha cessato l’attività nel 1958, ma il marchio è stato venduto per essere utilizzato su alcuni ciclomotori, cosa che è avvenuta fino al 1964. Al museo Poggi sono esposte una 250 SS del 1954 in versione per le gare di gran fondo e una 250 da competizione di poco successiva, con diverso telaio e freno anteriore a tamburo centrale.
 

Un’altra bicilindrica a due tempi italiana che è rimasta nella storia è la Motobi Spring Lasting, entrata in produzione nel 1952. Queste moto sono nate con una cilindrata di 200 cm3, successivamente portata a 250; prodotte anche in versione sportiva, erano azionate da un motore dalla caratteristica architettura a uovo. Una di esse, analoga all’esemplare esposto, ha conquistato la vittoria nella classe 250, alla Milano-Taranto del 1955.  Quelle che seguono sono moto di quattro case che non hanno bisogno di alcuna presentazione e alle quali moto.it dedicherà presto ampio spazio. La prima è una Parilla 250 a due tempi, della versione costruita tra il 1949 e il 1952, con forcella a parallelogramma. Il motore, di nitido disegno, era un monocilindrico a corsa lunga, le cui misure caratteristiche erano 65 x 75 mm. Dal giugno del 1952 queste moto sono state dotate di una forcella telescopica, al posto di quella a parallelogramma. Gli ultimi esemplari della versione finale (denominata Turismo Speciale) sono stati venduti nel giugno del 1955.
 

Tra le sportive esposte spiccava una bella Rumi Junior con forcella Earles. Questa brillante bicilindrica a due tempi di 125 cm3 è stata costruita, nello stabilimento di Bergamo, tra il 1955 e il 1959, ed è stata a suo tempo una delle moto più ambite dagli sportivi. Il motore aveva il basamento che si apriva secondo un piano orizzontale (questa soluzione è diventata di impiego molto diffuso sui motori policilindrici solo a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta) e la frizione era montata

Un bellissimo scooter Formichino, autentico oggetto di design
Un bellissimo scooter Formichino, autentico oggetto di design

direttamente alla estremità dell’albero a gomiti. La potenza era di circa nove cavalli. Tra i successi delle bicilindriche Rumi va ricordato il Motogiro del 1956 (classe 125 F2).  Della stessa casa bergamasca nel museo Poggi è esposto un bellissimo scooter Formichino, autentico oggetto di design (non per nulla Donnino Rumi era un ottimo pittore) che è stato prodotto su licenza anche all’estero. La struttura portante di questo brillante “tuttofare” era costituita da due gusci pressofusi in lega di alluminio, che venivano imbullonati allo stesso motore, il quale aveva quindi una funzione portante. La potenza era di 6,5 cavalli a 6000 giri/min nel modello base, dotato di ruote da otto pollici, ed è salita fino a 8,5 CV a 7200 giri/min nella versione più sportiva (munita di ruote da 10”), che dal 1957 è stata dotata di cilindri in lega di alluminio. Il Formichino si è imposto nella propria classe in ben quattro edizioni consecutive del massacrante Bol d’Or francese (1956-1959), che all’epoca si correva sulla pista di Montlhery.


La Laverda è stata una grande protagonista della scena motociclistica italiana durante gli anni Cinquanta, con delle ottime monocilindriche ad aste e bilancieri di 75 cm3, poi portate a 100 cm3. Pure i ciclomotori erano molto apprezzati. All’inizio degli anni Sessanta, nel pieno della grande crisi che ha colpito il nostro mercato in quel periodo, ha proposto una interessante bicilindrica a quattro tempi di 200 cm3. Entrata in produzione nel 1962, questa moto erogava 11 CV a 6500 giri/min e raggiungeva una velocità di 110 km/h. Il motore aveva un alesaggio di 52 mm e una corsa di 47 mm; il cambio era a espansione di sfere. Alla fine del 1963 è apparsa la versione Sport e nel 1967 la versione America. In totale, la Laverda 200 è stata prodotta in circa 4500 esemplari.
 

Nel museo Poggi non potevano mancare alcune Mondial, dato anche che questa casa famosa ha sempre avuto fortissimi legami con Bologna, ove si trovavano il mitico reparto corse e le officine Rocca e Michelini, che producevano i motori destinati ai modelli di serie. Tra le varie 175 monoalbero da competizione spiccava l’esemplare che con Remo Venturi si è imposto nella Milano-Taranto del 1954,

Mondial 175 Sprint
Mondial 175 Sprint

davanti a moto di cilindrata anche assai maggiore. La Mondial 175 monoalbero a cilindro verticale e con comando della distribuzione sul lato destro (da non confondere con la 175 a cilindro inclinato con cartella della catena di distribuzione sulla sinistra, che era un normale modello stradale) era nata nel 1953 per le gare stradali di gran fondo e quelle riservate ai piloti di seconda categoria. La parte inferiore del motore era analoga a quella delle 125 da Gran Premio, con basamento a tunnel, albero a gomito che girava all’indietro e cambio con presa diretta. Le misure di alesaggio e corsa erano 62 x 57,8 mm e la potenza dell’ordine di 16 cavalli.  Assai più tranquilla era la 175 ad aste e bilancieri destinata al normale impiego di tutti i giorni, apparsa alla fine del 1956 per affiancare la 175 monoalbero a cilindro inclinato e poi per sostituirla. Questa moto è stata realizzata in una nutrita serie di versioni (Sport, Superturismo, Sprint, Supersprint). Il motore aveva un alesaggio di 60 mm e una corsa di 61 mm. La trasmissione primaria era a catena, sul lato sinistro. La potenza era dell’ordine di 11 cavalli a 7000 giri/min.
 

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