Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Triumph festeggia il suo compleanno numero 110 con la gamma più ampia e completa di sempre, che comprenderà tre nuovi modelli presentati in anteprima a Londra il 10 ottobre scorso. La novità vera comunque è la Tiger 1200 Explorer (con molta probabilità abbiamo rischiato l’ennesima “Adventure”, ma per fortuna in Triumph sono stati saggi, e hanno cambiato direzione). Le altre due sono la nuova Speed Triple R e la celebrativa Bonneville Steve McQueen Edition.
Durante il meeting londinese, abbiamo anche conosciuto Nick Bloor, figlio del gran capo John fautore del rilancio di questo leggendario marchio, iniziato oltre vent’anni fa. Nick ha 34 anni, e dal 1998 lavora in azienda, dove iniziò occupandosi di design non appena laureatosi alla Loughborough University di Leicester. Ma nel contempo, Bloor junior faceva esperienza anche a livello di produzione e relativo controllo, vendite estero e marketing, fino a diventare responsabile del reparto acquisti di Hinckley. Negli ultimi anni, Nick è stato una figura strategicamente importante nell’azienda di famiglia, tant’è che dal primo gennaio di quest’anno ne è diventato CEO, cioè Amministratore Delegato. Un cammino lavorativo, quello del giovane Bloor, che mi ricorda abbastanza quello di Giovanni Castiglioni, il giovane Amministratore Delegato di MV Agusta e figlio del grande Claudio, recentemente scomparso.
Triumph festeggia il suo compleanno numero 110 con la gamma più ampia e completa di sempre, che comprenderà tre nuovi modelli
Nick Bloor ha dunque sostituito il celebre Tue Mantoni, che, com’è noto, dopo otto anni di eccellente lavoro in Triumph è tornato in Danimarca in qualità di Presidente e CEO di Bang&Olufsen. Mantoni, tuttavia, continuerà ad avere un ruolo molto attivo come membro del team che si occupa delle scelte strategiche di Hinckley.
Per minimizzare il più possibile le masse non sospese, la Speed più cattivella monta leggerissime ruote PVM forgiate in alluminio, che consentono di risparmiare ben 1,7 kg (che quando le ruote girano si sentono eccome) rispetto alle standard, enfatizzando di conseguenza maneggevolezza e precisione di guida. A fermare l’iconica naked britannica pensano due esaltanti pinze anteriori radiali Brembo monoblocco (dietro rimane la Nissin a doppio pistoncino) e in opzione è disponibile anche l’Abs elettronico Triumph disinseribile. Ruote alleggerite e freni più performanti assicurano una riduzione degli spazi di frenata di circa il 5%, rispetto alla Street standard.
Ad enfatizzarne l’indole geneticamente sportiva, la Speed Triple R è disponibile sia in livrea nera (Phantom Black) che bianca (Crystal White), entrambe complementate dal rosso vivo del telaietto posteriore e dei filetti su ruote e fianchetti, e dall’anodizzazione color oro dei foderi della forcella.
Questa edizione speciale – e “autografata” sui fianchetti - della Bonneville, ovviamente sfoggia una bellissima colorazione stile verde militare denominata Matt Khaki Green, e monta una sella singola e un portapacchi posteriore (nero) di evidente derivazione Scrambler, un piccolo sottocoppa piatto in alluminio e un piccolo faro, nero come lo sono il manubrio, gli specchietti, le molle degli ammortizzatori, i supporti del parafango anteriore, e i cerchi delle ruote a raggi.
Le quali sono equipaggiate con i sempiterni Metzeler Lasertec, mentre la moto del film montava gomme tassellate, che effettivamente non c’entravano un bel niente con le BMW militari della seconda guerra mondiale: però su questa speciale T100 avrebbero fatto un bell’effetto.
Questa Bonnie è senz’altro affascinante, tuttavia mi permetto di puntualizzare che una Limited Edition come questa avrebbe senz’altro meritato parafanghi e fianchetti in metallo, anziché in plastica.
L’avantreno è costituito da una forcella upside-down con steli protetti, regolabile in precarico e nell’idraulica in entrambi i sensi, ed equipaggiata con pinze assiali a quattro pistoncini. Immancabile il monobraccio posteriore che alloggia l’albero di trasmissione, che nelle foto consegnateci non è visibile, ma la cui foggia (un po’ come tutti quelli che si vedono in giro) ricorda innegabilmente…provate a indovinare? Avete indovinato.
L’ammortizzatore posteriore è dotato di precarico tramite manopola separata. Molto belle - specie la posteriore - le inedite ruote a 10 razze sottili, equipaggiate (almeno sulla moto vista a Londra) con radiali Metzeler Tourance EXP da 110/80x19” e 150/70x17”.
Anche se le pedane mi sono parse leggermente avanzate, ho trovato la postura in sella favorevole per le gambe, poco angolate e moderatamente “aperte”, nonostante il serbatoio appaia abbastanza imponente; il manubrio è parecchio largo (tipi Stelvio, per intenderci) e con i raiser curvati all’indietro, tuttavia le braccia le (mie) braccia risultavano abbastanza tese.
Il plexiglas è generosamente dimensionato, e regolabile in inclinazione allentando due pomelli siti all’interno del cupolino. Il cruscotto richiama l’unità analogico (contagiri)/digitale delle 800, ma sicuramente avrà delle funzioni in più, vista la presenza dell’elettronica gestionale e dei pulsanti supplementari presenti sul manubrio.
Naturalmente, per la prestigiosa Explorer sono già pronti alcuni accessori dedicati: moto valigie rigide e morbide, sella più alta e più bassa in opzione, e un’ampia gamma di accessori elettrici, a partire dalla manopole termiche, che possono funzionare simultaneamente grazie al potente generatore da ben 950 Watt.
Sono salito sull’imponente maxi-Tiger, non prima di aver provato a sollevarla sul cavalletto centrale: che non sia una moto leggera e con il baricentro rasoterra lo si avverte spostandola anche a serbatoio vuoto; però issarla sul cavalletto richiede uno sforzo davvero minimo, e questo non è poco. Da notare anche la lunga stampella laterale in lega leggera.