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Si tratta di un V2 a 49° da 111 pollici cubi (1.818 cc), rigorosamente raffreddato ad aria e con cambio in blocco a 6 marce, caratterizzato dagli astucci esterni paralleli che contengono le aste di comando delle punterie, che azionano due valvole per cilindro anche’esse perfettamente parallele: peculiarità, quest’ultima, che contraddistingue i motori Indian fin dal 1915. Così come dall’ancor più remoto 1907 arrivano i due collettori di scarico praticamente verticali, che vanno poi ad unirsi in un unico tubone. Altra caratteristica vantata dai progettisti in onore al “come eravamo”, sta nel fatto che la larghezza delle basi dei cilindri sia 2/3 di quella delle testate. Quanto all’albero motore, è monolitico, con le bielle infulcrate coassialmente, per reggere la poderosa coppia motrice disponibile, dichiarata in oltre 16 kgm (163 Nm), ma senza specificare il regime di rotazione, presumibilmente molto basso. Mentre un contralbero di bilanciamento con ingranaggi elicoidali è deputato a smorzare il più possibile le ovvie vibrazioni.