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Sala Nervi è gremita da gruppi di fedeli provenienti da tutte le parti del mondo in occasione dell’Udienza Generale del mercoledì. Pochi clericali, qualche suora, molti i ragazzi e tante famiglie. Un compatto plotone di militari Argentini di stanza alle Nazioni Unite. E poi anziani, malati, spose in abito bianco.
Andrea Cavalieri Ducati (discendente di Antonio Cavalieri Ducati che nel 1926 fondò l'omonima Azienda), insieme ai cofondatori Carlo Cipolla e Sergio Amigoni, prosegue l'iniziativa Motomorphosis. Dona una moto della Motoparade decorata dall'artista Alessandra Barocco al Papa, e riunisce alcune importanti Case e istituti per riflettere sui temi che vuole sviluppare.
Molto pratico, molto sintetico lo Statuto dell'associazione nata circa 3 anni fa e che ricordiamo per le “monotipo” dipinte ed esposte ad Eicma. Per una in particolare su cui abbiamo apposto un po' tutti la nostra firma durante Eicma 2014.
Uno Statuto di un’associazione priva di retorica:
Uno statuto che Andrea Cavalieri Ducati ci racconta in una frase lapidaria che gli disse suo padre da ragazzo: “Occhio che è più facile andare forte che piano”.
Salvaguardia del valore della vita propria ed altrui durante la conduzione di moto
Non ci addentriamo neppure un istante sull'importanza di andare piano. Non è tema per motociclisti. E' come dire ad un cavallo di non galoppare, o come andare in barca senza stendere la massima velatura al vento.
Lo Statuto dell'Associazione Motomorphosis, appena ripercorso insieme, e l'aneddoto raccontato davanti ai colonnati di marmo bianco che si stagliano contro un cielo terso e ventoso ci portando ad una domanda: ma chi insegna ai ragazzi la prudenza? Chi spiega che non devono bere prima di guidare? Chi gli dice che un errore loro o altrui può cambiargli, rovinargli o addirittura togliergli la vita per sempre?
Lo sanno i giovani che loro stessi, su qualsiasi mezzo che non sanno dominare o che spingono sistematicamente al limite, possono diventare una trappola definitiva, senza possibilità di appello?
La risposta è già scritta: è il papà quello che dà l'esempio al figlio, sceglie la prima moto, gli spiega che non deve fare lo scemo. E' il papà che insegna alla figlia a non salire in sella dietro al primo “ganassa” o “bullo” che vuole dare di manetta.
Ma chi insegna ai ragazzi la prudenza? Chi spiega che non devono bere prima di guidare? Chi gli dice che un errore loro o altrui può cambiargli, rovinargli o addirittura togliergli la vita per sempre?
E' il padre che deve educare le nuove leve a mantenere bene il mezzo, a usarlo per ciò che può dare, a saltare in una pista da cross, o a fare un viaggio estivo sotto il sole rovente e poi la notte con la luna e le stelle più promettenti.
La scuola aiuta, i corsi di guida sicura sono degli strumenti che in genere un ragazzo non sceglie da solo, l'esame della patente A, A1, A2, A3, sono una tassa o un “rosario” di quiz. Ma oltre ai birilli nulla ci dicono sul senso della vita. Le Case si arrovellano su “pay off e slogan” che rubino emozioni. Ma chi segue il figlio sulle pedane nel migliore dei modi è sicuramente il papà. Non è vero che s’impara dall'esperienza: quello è un rischio che non consigliamo a nessuno di correre.
E l'incipit del discorso di Papa Francesco, oggi, terzo mercoledì di catechesi sulla famiglia, non poteva essere più vicino a ciò che dicevamo in piazza fra di noi: è fondamentale la presenza del padre, che non sia ostacolo all'emancipazione dei giovani. Il Papa richiama i padri che non aiutano i figli a intraprendere la strada con libertà, padri che non aiutano i figli ad assumere le proprie responsabilità.”
Incalza il Papa, con la delicatezza che solo a lui è data, sulla carenza di esempi e di guide autorevoli nella vita di ogni giorno, alla carenza di vicinanza dei padri”
Credo che in assoluto, a prescindere dalla questione motociclistica la lezione di Papa Francesco meriti di essere ascoltata, o meriti una lettura. Con l'augurio che ci sia vera partecipazione dei genitori in tutte le “scoperte” e le fasi di crescita dei figli. Moto compresa!
“Cari fratelli e sorelle, buongiorno! (applauso)
Oggi ci lasciamo guidare dalla parola “padre”.
Padre è una parola nota a tutti, una parola universale. Essa indica una relazione fondamentale la cui realtà è antica quanto la storia dell’uomo. Oggi, tuttavia, si è arrivati ad affermare che la nostra sarebbe una “società senza padri”. In altri termini, in particolare nella cultura occidentale, la figura del padre sarebbe simbolicamente assente, svanita, rimossa. In un primo momento, la cosa è stata percepita come una liberazione: liberazione dal padre-padrone, dal padre come rappresentante della legge che si impone dall’esterno, dal padre come censore della felicità dei figli e ostacolo all’emancipazione e all’autonomia dei giovani. Talvolta in alcune case regnava in passato l’autoritarismo, in certi casi addirittura la sopraffazione: genitori che trattavano i figli come servi, non rispettando le esigenze personali della loro crescita; padri che non li aiutavano a intraprendere la loro strada con libertà - ma non è facile educare un figlio in libertà -; padri che non li aiutavano ad assumere le proprie responsabilità per costruire il loro futuro e quello della società.
Questo, certamente, è un atteggiamento non buono; però come spesso avviene, si passa da un estremo all’altro. Il problema dei nostri giorni non sembra essere più tanto la presenza invadente dei padri, quanto piuttosto la loro assenza, la loro latitanza. I padri sono talora così concentrati su se stessi e sul proprio lavoro e alle volte sulle proprie realizzazioni individuali, da dimenticare anche la famiglia. E lasciano soli i piccoli e i giovani. Già da vescovo di Buenos Aires avvertivo il senso di orfanezza che vivono oggi i ragazzi; e spesso domandavo ai papà se giocavano con i loro figli, se avevano il coraggio e l’amore di perdere tempo con i figli. E la risposta era brutta, nella maggioranza dei casi: “Mah, non posso, perché ho tanto lavoro…”. E il padre era assente da quel figliolo che cresceva, non giocava con lui, no, non perdeva tempo con lui.
Ora, in questo cammino comune di riflessione sulla famiglia, vorrei dire a tutte le comunità cristiane che dobbiamo essere più attenti: l’assenza della figura paterna nella vita dei piccoli e dei giovani produce lacune e ferite che possono essere anche molto gravi. E in effetti le devianze dei bambini e degli adolescenti si possono in buona parte ricondurre a questa mancanza, alla carenza di esempi e di guide autorevoli nella loro vita di ogni giorno, alla carenza di vicinanza, alla carenza di amore da parte dei padri. E’ più profondo di quel che pensiamo il senso di orfanezza che vivono tanti giovani.
Sono orfani in famiglia, perché i papà sono spesso assenti, anche fisicamente, da casa, ma soprattutto perché, quando ci sono, non si comportano da padri, non dialogano con i loro figli, non adempiono il loro compito educativo, non danno ai figli, con il loro esempio accompagnato dalle parole, quei principi, quei valori, quelle regole di vita di cui hanno bisogno come del pane. La qualità educativa della presenza paterna è tanto più necessaria quanto più il papà è costretto dal lavoro a stare lontano da casa. A volte sembra che i papà non sappiano bene quale posto occupare in famiglia e come educare i figli. E allora, nel dubbio, si astengono, si ritirano e trascurano le loro responsabilità, magari rifugiandosi in un improbabile rapporto “alla pari” con i figli. E’ vero che tu devi essere “compagno” di tuo figlio, ma senza dimenticare che tu sei il padre! Se tu ti comporti soltanto come un compagno alla pari del figlio, questo non farà bene al ragazzo.
I papà sono spesso assenti perché non dialogano con i loro figli, non danno ai figli, con il loro esempio accompagnato dalle parole, quei principi, quei valori, quelle regole di vita di cui hanno bisogno come del pane.
E questo problema lo vediamo anche nella comunità civile. La comunità civile con le sue istituzioni, ha una certa responsabilità – possiamo dire paterna - verso i giovani, una responsabilità che a volte trascura o esercita male. Anch’essa spesso li lascia orfani e non propone loro una verità di prospettiva. I giovani rimangono, così, orfani di strade sicure da percorrere, orfani di maestri di cui fidarsi, orfani di ideali che riscaldino il cuore, orfani di valori e di speranze che li sostengano quotidianamente. Vengono riempiti magari di idoli ma si ruba loro il cuore; sono spinti a sognare divertimenti e piaceri, ma non si dà loro il lavoro; vengono illusi col dio denaro, e negate loro le vere ricchezze.
E allora farà bene a tutti, ai padri e ai figli, riascoltare la promessa che Gesù ha fatto ai suoi discepoli: «Non vi lascerò orfani» (Gv 14,18). E’ Lui, infatti, la Via da percorrere, il Maestro da ascoltare, la Speranza che il mondo può cambiare, che l’amore vince l’odio, che può esserci un futuro di fraternità e di pace per tutti. Qualcuno di voi potrà dirmi: “Ma Padre, oggi Lei è stato troppo negativo. Ha parlato soltanto dell’assenza dei padri, cosa accade quando i padri non sono vicini ai figli… È vero, ho voluto sottolineare questo, perché mercoledì prossimo proseguirò questa catechesi mettendo in luce la bellezza della paternità. Per questo ho scelto di cominciare dal buio per arrivare alla luce. Che il Signore ci aiuti a capire bene queste cose. Grazie".
Motomorphosis è anche un concorso per mettere alla prova la creatività. Gli studenti iscritti ad un'Accademia/Istituto di design o grafica o i semplici appassionati delle due ruote o i creativi potranno partecipare ad un concorso in cui dovranno proporre una personalizzazione (grafica, pittorica, tridimensionale, ecc.) di una motoparade. Una commissione di esperti valuterà le migliori 50 proposte che verranno realizzate e esposte a partire dalla prima motoparade che si svolgerà a Milano durante il 2016.
Tutte le proposte pervenute saranno visibili in una sezione dedicata del sito, condivise sui Social Media e votate on-line dal pubblico (il gradimento del pubblico non sarà criterio di valutazione per la selezione delle proposte da realizzare). A conclusione del progetto, le motoparade saranno oggetto di un’Asta on-line il cui ricavato sarà devoluto in beneficenza a Organizzazioni no-profit che sostengono e diffondono le tematiche della sicurezza stradale.
Il nome Ducati è ormai legato indissolubilmente alla storia del motociclismo, ma l’azienda fondata nel 1926 a Bologna è famosa anche per diverse altre realizzazioni ed invenzioni nel campo della radiotrasmissione e in quella che oggi si chiamerebbe elettronica di consumo, tanto da meritarsi l’intitolazione della via in cui oggi risiede lo stabilimento di Ducati Motor. Le altre attività sono state scorporate in Ducati Energia.
La società è stata appunto fondata da Antonio Cavalieri Ducati per il figlio primogenito, allora diciannovenne, inventore. L’anno successivo Antonio muore e lascia la società ai tre figli Adriano, Bruno e Marcello. Con l’avvento della seconda guerra mondiale, la società viene nazionalizzata per la produzione bellica (e lo stabilimento originale viene quindi bombardato, facendo si che nel dopoguerra la fabbrica venisse trasferita nella sede attuale) e la famiglia viene estromessa.
Bruno Ducati ha 5 figli, una delle quali, Regina, è la madre di quell’Andrea Cavalieri Ducati che ha creato Motomorphosis. Vi riproponiamo qui la lettera che Bruno Cavalieri Ducati, scomparso nel 2001, ha lasciato ai figli e all’azienda.
Cari amici, è con grande commozione che vi penso insieme per ricordare una fantastica pagina della mia, della nostra vita. Vi mando "Tonino" per portarvi queste mie parole, perché possa trasmetterle con il calore e l'affetto che sento per voi.
Con Voi, e con tanti che non ci sono più, abbiamo creato 70 anni fa una sfera concentrata di inventiva, capacità lavorativa, ingegno e umanità che sembra destinata a resistere alle insidie dei tempi, a rinnovarsi continuamente per effetto delle nuove leve e a proiettarsi in un concreto e solido futuro.
E' certo che Adriano, Bruno e Marcello hanno posto il primo seme, ma è altrettanto vero che senza di voi, senza il vostro impegno, le vostre capacità ed il vostro affetto tutto si sarebbe spento da tempo.
Vi abbraccio tutti nel nome della nostra grande famiglia e invoco su di voi e sul vostro futuro la benedizione del Signore.
Bruno