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Il video che trovate qui sopra è stato realizzato da Nico Cereghini nel 2013 in occasione dei quarantanni dall'incidente di Monza che vide perire in gara Renzo Pasolini e Jarno Saarinen. Ve lo riproponiamo oggi, nel 47° anniversario di quella tragica giornata, in ricordo di due grandi campioni rimasti nei cuori di tanti appassionati.
Sono passati quarantasette anni dal quel 20 maggio del 1973.
Sulla pista di Monza va in scena il Gran Premio delle Nazioni che è quarto appuntamento del campionato del mondo velocità.
La giornata si apre con la gara del campionato italiano juniores 250, c’è poi la prima corsa del Nazioni, la classe 50, vinta da Jan de Vries; seguono la 125, nella quale si impone Kent Anderson, e la 350 vinta da Giacomo Agostini dopo un bel duello con Renzo Pasolini.
La gara delle 250 vede scattare dalla prima casella il finlandese Jarno Saarinen, campione del mondo in carica della 250 e vice campione nella 350 sempre nel 1972 e autore del miglior tempo in prova. Renzo Pasolini, che nel 1972 è stato secondo nel mondiale 250 e terzo nella classe 350, porta al debutto la H-D bicilindrica raffreddata ad acqua.
Una manciata di secondi e il dramma si consuma alla prima curva dopo il via. La moto di Pasolini perde aderenza all'ingresso della Curva Grande, il Curvone appunto, il campione romagnolo cade, la sua moto colpisce le vicinissime barriere e rimbalza in pista: nella carambola che ne segue cadono altri tredici piloti. Ad averne la peggio sono lo stesso Pasolini, 34 anni, e Jarno Saarinen, 27.
Su che cosa provocò la caduta di Paolini si sono fatte diverse ipotesi: olio in pista non segnalato, grippaggio del motore H-D di Pasolini, contatto fra piloti, asfalto rovinato.
La perizia richiesta dal tribunale di Monza, ed eseguita dall'ingegner Sandro Colombo, rivelerà il grippaggio dei pistoni Yamaha nei cilindri H-D; cilindri che furono modificati dal raffreddamento ad aria a quello ad acqua.
Sarà il grippaggio l'innesco della caduta secondo l'inchiesta della Magistratura. Di sicuro la gravità del bilancio è da attribuirsi all'inesistente spazio di fuga e alle presenza del guard rail, all'epoca vicinissimo alla pista.
Questo articolo è stato pubblicato il 19/5/2018 e aggiornato il 20/5/2020