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Ciao a tutti!
Fossi il signor Yamaha, o almeno un dirigente supremo della casa giapponese, c’è un pilota che chiamerei a rapporto per un urgente chiarimento. E’ Jorge Lorenzo. Non ha fatto niente di male nel paddock o in pista, anzi la sua prima ed unica gara del 2010 è stata una magnifica gara, culminata con il secondo posto nonostante una mano dolorante. E con Valentino e con lui si è fatta una splendida doppietta che come dirigente Yamaha mi avrebbe fatto molto felice. Lo convocherei per quello che ha dichiarato in una recente intervista.
«Non ho neanche il patentino della moto. Volessi andare su due ruote, al massimo potrei usare un piccolo scooter». Ecco le parole del fenomeno di Maiorca. Parole innocue, Jorge è un simpaticissimo ragazzo e mi piace, ma parole che, vi dico la verità, mi hanno allarmato un pochino. Nella
Mi piacerebbe cogliere in loro qualche sintomo della passione che abbiamo noi
storia del motociclismo sono stati tanti i piloti famosi che hanno espresso un concetto analogo, e siccome subito dopo si sono spinti più in là, su un terreno molto insidioso, ecco che per me è scattato l’allarme. Troppo spesso queste interviste sono arrivate a sfrugugliare la pericolosità della moto da strada. «Io in moto? Fossi matto, è troppo pericolosa!».
In effetti, di piloti del mondiale che usano la moto sulle strade di tutti i giorni ne ho conosciuti ben pochi. Per loro è probabilmente più proficuo girare con la moto da cross per farsi le braccia e allenarsi al grip che cambia. E poi hanno poco tempo, magari temono gli automobilisti distratti, e già si stortano gambe e braccia un mucchio di volte in carriera. Cercano insomma di star lontano dai guai. Li capisco. E del resto tanti altri sportivi hanno l’espresso divieto di usare la moto, un divieto messo nero su bianco nei contratti. Tutto più che lecito.
Però mi piacerebbe cogliere in loro qualche sintomo della passione che abbiamo noi, di sentire il loro profondo rincrescimento per la situazione che gli impedisce di fare due belle pieghe in montagna e prendere un po’ d’aria in faccia sotto il casco jet e portarsi la ragazza al mare la domenica, e sentirla bella morbida contro la schiena.
Vorrei sentire il dispiacere di queste rinunce, due parole per noi motociclisti comuni, inzuppati di passione come i biscotti nel caffelatte. E invece li sento caldi per l’auto sportiva, qualcuno di loro ne ha cinque in garage, e appena hanno due soldi si comprano la M5 o la 911.
Qualcosa non mi torna, però magari è una cosa soltanto mia e sono semplicemente un rompipalle.