Quando le Ducati erano a 2 Tempi

Negli anni Sessanta la casa bolognese ha prodotto diversi modelli con motore a due tempi. Alcuni per gli Stati Uniti
6 giugno 2021

Nel corso della loro esistenza diversi grandi costruttori hanno prodotto moto sia a quattro che a due tempi (in genere meno performanti). Altre invece hanno legato il loro nome solo a motori di un tipo.

Ad esempio la DKW ha costruito esclusivamente moto a due tempi. Altre ancora hanno prodotto per anni solo 2T per passare poi ai quattro tempi, dapprima solo per le grosse cilindrate e poi per tutta la gamma (o quasi).
È accaduto alla Yamaha e alla Suzuki.

Da tempo dire Ducati equivale a dire moto di alte prestazioni dalla tecnica evoluta e dal carattere unico, invariabilmente dotate di motori a quattro tempi con uno o due alberi a camme in testa.
Eppure in passato questa casa ha costruito un numero considerevole di motoleggere e di ciclomotori azionati da monocilindrici a due tempi, in larga misura destinati al mercato USA.

È avvenuto negli anni Sessanta quando la direzione della azienda ha deciso di affiancare alle raffinate monocilindriche monoalbero una serie di modelli a due tempi di piccola cilindrata, dalle prestazioni modeste e soprattutto dal costo contenuto.
La scelta del tipo di motore era in questo caso praticamente obbligata. Un due tempi è molto più economico da produrre, rispetto a un quattro tempi di eguale cilindrata e frazionamento. Niente organi della distribuzione, testa ridotta a un semplice coperchio del cilindro, niente sistema di lubrificazione con circolazione di olio attivata da una pompa.

Meno componenti e meno lavorazioni, insomma.

L’ing. Taglioni amava la bella meccanica e non gli potevano quindi piacere i due tempi, privi di valvole con relativi sistemi di comando e semplicissimi come struttura

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L’ing. Taglioni amava la bella meccanica e non gli potevano quindi piacere i due tempi, privi di valvole con relativi sistemi di comando e semplicissimi come struttura. Diceva che erano solo “delle pompe”. Dal suo punto di vista non aveva tutti i torti, se si considera che per i motori di tale tipo la fluidodinamica è tutto…

In quel periodo i motori a due tempi stavano iniziando a soppiantare quelli a quattro sulle moto da Gran Premio, cominciando dalle piccole cilindrate, grazie a prestazioni straordinarie, che crescevano di anno in anno.
Per quanto riguarda i modelli di serie però, se si escludono i costruttori giapponesi (Honda esclusa), le cui moto all’epoca da noi non si erano ancora viste, i 2T venivano considerati adatti solo a modelli economici di modesta cilindrata.

A partire dal 1964 i due tempi Ducati sono stati dotati, per circa tre anni, di raffreddamento ad aria forzata. Questo è il Mountaineer 100 nella versione del 1966, dotata del nuovo cambio a quattro marce con comando a pedale
A partire dal 1964 i due tempi Ducati sono stati dotati, per circa tre anni, di raffreddamento ad aria forzata. Questo è il Mountaineer 100 nella versione del 1966, dotata del nuovo cambio a quattro marce con comando a pedale

La storia delle Ducati a due tempi è iniziata nel 1961, con la comparsa dei ciclomotori con telaio in lamiera stampata Brisk e Piuma, rispettivamente monomarcia e con cambio a tre marce del tipo a crociera scorrevole, con comando a manopola.

Il motore era un semplicissimo monocilindrico con aspirazione controllata dal pistone e due condotti di travaso. Le misure caratteristiche erano 38 x 42 mm e la potenza era di 1,4 CV a 4200 giri (ma nei primi Brisk era di 1 CV), che salivano a 4,2 a 8600 nella versione Export del Piuma, destinata al mercato americano.

Nel 1962 è arrivato il 48 Sport con telaio a doppia culla in tubi, commercializzato negli USA come Falcon 50. Nello stesso anno è entrato in produzione il modello di 80 cm3 Setter, ben presto seguito dal Setter Sport (Mountaineer nella versione americana) con telaio monoculla e potenze di 4,25 e di 5,5 cavalli.
Nel 1964 hanno fatto il loro esordio i motori con raffreddamento forzato, con ventola centrifuga e convogliatore in alluminio, destinati sia ai cinquantini (48 SL, Cacciatore) che alle motoleggere Cacciatore 90 e Cadet (le cui versioni americane erano chiamate rispettivamente Mountaineer e Falcon). Queste ultime avevano un alesaggio di 49 mm e una corsa di 46 mm ed erogavano 6 CV a 7000 giri/min.
L’anno seguente la loro cilindrata è stata portata a 100 cm3.

 

Il ciclomotore di maggior successo prodotto dalla Ducati è stato il 50 SL/1 apparso alla fine del 1966. Nella splendida estetica spiccava il serbatoio con due tappi
Il ciclomotore di maggior successo prodotto dalla Ducati è stato il 50 SL/1 apparso alla fine del 1966. Nella splendida estetica spiccava il serbatoio con due tappi

Nel 1966 è comparso un nuovo cambio a quattro marce, finalmente con comando a pedale (sul lato destro), adottato anche sul nuovo 50 SL, costruito in più versioni e munito di raffreddamento ad aria naturale. Dall’anno successivo tale tipo di refrigerazione è stato impiegato su tutti i Ducati a due tempi (e quindi anche su quelli di 100 cm3, che ora disponevano di 7,2 CV a 7200 giri/min).

Sempre nel 1967 sulla maggior parte dei motori i cilindri in lega di alluminio con canna cromata hanno sostituito quelli in ghisa. Un’ottima accoglienza ha ricevuto, nello stesso anno, il nuovo 50 SL/1 dalla estetica completamente nuova e ben riuscita, nella quale spiccava il lungo serbatoio con due tappi.

Nel 1968 è apparso il successore del Brisk, un “tubone” monomarcia denominato Rolly. L’anno seguente la produzione di modelli a due tempi ha subito un drastico ridimensionamento. Ormai la casa aveva deciso di puntare solo sui monocilindrici monoalbero della nuova serie a carter larghi e già cominciava a pensare a un futuro allargamento verso l’alto della sua gamma…

Nel 1969 in listino rimanevano solo due modelli a due tempi, con una estetica totalmente riveduta, che hanno continuato ad essere prodotti, con scarsa convinzione, ancora per circa tre anni. Si trattava del 50 e del 100 Scrambler.

Per completare la nostra panoramica sui 2T Ducati degli anni Sessanta è necessario ricordare il tre ruote Fattorino apparso nel 1963 (secondo motofurgone prodotto a Borgo Panigale dopo il Muletto con motore a quattro tempi) e lo scooter Brio costruito in versioni di 48 e di 100 cm3 tra il 1963 e il 1968.

Anche di loro oggi ben pochi si ricordano, ma nella storia di una casa non è giusto parlare solo dei modelli di maggiore fascino e di più ampia diffusione.

La Ducati ha avuto un ritorno di fiamma per i motori a due tempi nella seconda metà degli anni Settanta con due sfortunati modelli da enduro di 125 cm3, dei quali ci siamo occupati proprio di recente, nel tentativo di estendere la sua gamma in un settore allora molto popolare tra i giovani.

Non erano però quello che gli appassionati si aspettavano dalla casa di Borgo Panigale. E infatti da allora di 2T in azienda non se ne è parlato più.

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