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Giovedì 22 agosto 2013. C'è una ricorrenza da festeggiare e quindi bisogna partire alla volta di Bonaduz, nel Cantone dei Grigioni in Svizzera. A spingerci verso questo altopiano in mezzo ai monti è il raduno organizzato in occasione della ricorrenza del trentennale della Yamaha Ténéré, modello icona della casa giapponese e una di quelle moto che chiunque sia mai salito in sella, indipendentemente dalle preferenze di genere, conosce.
Caricato l'indispensabile nelle borse rigide della monocilindrica XT660Z affidatami, l'ultima versione della famosa XT600Z del 1983, volgiamo le ruote verso nord e scegliamo il Passo dello Spluga per fare l'ingresso in terra elvetica. Il sole non ci abbandona ma le temperature calde e poi miti della pianura e dell'alto lago di Como, lasciano spazio al consueto frescolino tipico della montagna d'estate. Scendiamo dal monte, raggiungiamo Spluga città e ci dirigo prima a est e poi a nord percorrendo 40 km di strada a tratti alquanto tortuosa verso il luogo del raduno. Gli asfalti sono generalmente buoni e ossessivamente manutenuti.
Arriviamo poco dopo l'apertura delle iscrizioni, mentre gli appassionati da tutta Europa cominciano ad arrivare alla spicciolata. Germania, Italia, Francia, ovviamente Svizzera, sono le nazioni più rappresentate ma non mancano provenienze da Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Portogallo, Inghilterra e financo Russia. Ad altissimo tenore di XT1200Z la pattuglia italiana, più equamente divisa con la 660 la rappresentanza europea. Dietro l'area accoglienza, oltre il kartodromo coperto che funge da supporto logistico a tutta l'iniziativa e separato da una cava di ghiaia, vi è un ampio prato attrezzato a campeggio, destinato a chi all'albergo ha preferito la tenda. A lato del capannone per i kart alcuni tendoni proteggono le panche e i tavoli su cui consumare la birra e i wurstel proposti dai ristoratori ambulanti locali. Nello spiazzo attrezzato per accogliere i motociclisti è stato posizionato il tavolo delle iscrizioni ed è stata predisposta una pedana rialzata sopra cui passare e su cui troneggia lo striscione che celebra l'evento. A lato si trovano alcuni stand di produttori di gomme, abbigliamento e viaggi.
Trent'anni, uno spirito. Questo lo slogan scelto per la manifestazione e vedendo gli appassionati di questa moto arrivare uno dopo l'altro, è difficile immaginarne uno più azzeccato. Questo perché la moto si è evoluta negli anni mantenendo inalterati i concetti di base. Mezzo semplice, solido, fatto per il fuoristrada vero ma con grande autonomia. Solo ultimamente, specialmente nella versione bicilindrica, possiamo notare una certa urbanizzazione della moto, scelta per venire incontro a un numero maggiore di persone e per adeguarsi al mercato. La giornata volge spedita al tramonto ed i “ténéristi” continuano ad arrivare mostrando alcune variazioni sul tema decisamente interessanti, anche se non sono mai stravolgimenti tipo mattane da custom. Son sempre modifiche e adattamenti di dettaglio, che non mutano la sostanza della moto. Tra le preferite quelle solamente riverniciate. Si tratta di moto di età notevole, praticamente originali in ogni dettaglio, senza alcuna elaborazione. Il tempo e probabilmente qualche segno dell'utilizzo in fuoristrada, hanno reso necessaria la riverniciatura completa del mezzo. Monocolore, quasi senza scritte, testimoniano l'amore per una moto che si vuole tenere originale, per la quale magari non si vogliono o possono spendere troppi soldi per un perfetto ripristino, ma che si vuole continuare a far trottare. Una segnava più di 92.000 km. Ma secondo noi, poteva essere al secondo giro...
Tra le preferite quelle solamente riverniciate. Moto di età notevole, praticamente originali in ogni dettaglio, senza alcuna elaborazione. Il tempo e probabilmente qualche segno dell'utilizzo in fuoristrada, hanno reso necessaria la riverniciatura completa del mezzo
Ma il top è indiscutibilmente raggiunto dal sidecar su base Super Ténéré 1200. Per due motivi: la realizzazione decisamente pregevole, che prevede l'attacco della carrozzella tramite grossi giunti snodati sferici, in modo da consentire alla moto di piegare in curva, e la destinazione d'uso della stessa. Non il trasporto della moglie, che segue a bordo della propria KLE500 (intrusa!), ma della bambina di pochi anni, che con il suo casco in testa e le cinture ben allacciate partecipa, direi quasi attivamente visto l'entusiasmo con cui sale in carrozza, al viaggio.
Come da programma ci aggreghiamo al Ténéré owner club Svizzera, per un giro serale su percorso parzialmente sterrato. Guidati dall'attivissimo Claudio Godenzi, autore tra le altre cose di una verniciatura commemorativa del serbatoio della sua XT600, dopo un rapido briefing ci inerpichiamo sul fianco della montagna, su di un percorso sterrato non eccessivamente impegnativo. Per quanto abbastanza ripido in certi punti, il sentiero non diventa mai troppo ostico e mentre buche e tornanti vengono affrontati nella massima disinvoltura, giungiamo a un punto panoramico che ci consente di apprezzare la vallata con il crepuscolo incipiente alle nostre spalle. Dopo una rapida sosta torniamo verso valle su strada nuovamente asfaltata e onde ristorare moto e piloti con benzina e caffè. Facendo ben attenzione a non confondere i due liquidi, ci fermiamo per qualche minuto in un distributore di benzina. Si torna quindi a salire verso quota 1700 metri, ove troviamo una baita che ci offre un taglierino di formaggi e salumi, nel tentativo di mitigare il freddo, nel frattempo resosi piuttosto presente. Poco satolli – ma doveva essere uno spuntino, non una cena – puntiamo poi di nuovo verso valle ed ognuno si dirige verso il proprio ricovero notturno.
Il secondo giorno ha un programma molto interessante. Girare per passi e vallate fino a sera, quando accoglieremo Franco Picco in sella alla sua WR450 F dell'ultima Dakar, sul Passo del San Bernardino.
In comitiva con il club ufficiale Ténéré Italia, partiamo mentre al raduno continuano ad affluire nuovi partecipanti e ci dirigiamo verso il Passo Albula. Il gruppone fila liscio tra le curve, nel pieno rispetto dei limiti di velocità imposti nei centri abitati, zone 30 comprese, fino a raggiungere il passo. La strada è tipicamente da provinciale alpina, una serie di curve, controcurve e tornanti in successione continua, interrotta solo dai paesi. Notevoli cambi di temperatura ci accompagnano entrando nelle zone boscose e il bell'asfalto svizzero ci consente di goderci tutto senza timore di brutte sorprese. A parte un cospicuo numero di cantieri disseminati in questo territorio, che ogni tanto ci costringono a qualche sosta non desiderata, in attesa che il semaforo del senso unico alternato ci dia via libera.
Giungiamo per l'ora di pranzo al Passo dell'Albula, ove ci ricongiungiamo con il gruppo del club svizzero, partito con qualche minuto di anticipo rispetto al nostro. In un largo spiazzo prospicente la baita del passo, svariate decine di motociclette fanno compagnia a numerose mucche al pascolo, o forse è il contrario, mentre i bipedi si rifocillano. Col medesimo anticipo gli svizzeri, scortati da due moto della polizia locale, ripartono e noi poco dopo, non senza aver dovuto convincere qualche mucca curiosa sconfinata sulla carreggiata a lasciarci il passo. Purtroppo da questo momento in poi la giornata prende una piega assai meno piacevole. Le previsioni del tempo dimostrano una volta di più, se mai ce ne fosse il bisogno, la loro scarsa affidabilità ed il sole previsto lascia il posto a nubi minacciose che in seguito si lasceranno andare ad una pioggia che fuor di retorica non si può che definire torrenziale. Lasciato il passo ci dirigiamo verso St. Moritz, attraversata la quale ci dirigiamo verso il Julierpass. La tuta antipioggia è stata indossata già da parecchi chilometri e il fondo viscido ci impedisce di continuare a divertirci come al mattino. Il secondo passo di giornata viene scavallato senza sosta: ci attende l'incontro con Franco Picco al San Bernardino e cominciamo ad essere un po' tirati coi tempi, inoltre la pioggerella comincia a diventare fastidiosa. Torniamo quindi verso nord, per poi virare nuovamente verso sud nei pressi di Thusis, alla volta del passo. Arrivati nei dintorni di Spluga il cielo alpino decide di dare tutto se stesso, inondandoci come raramente m'è capitato. Punzecchiati dalla grandine, procediamo tentando di scorgere la strada, mentre la veemenza delle precipitazioni riesce a far filtrare dell'acqua all'interno della visiera. La stessa era ben chiusa e di buona fattura, tale per cui l'infiltrazione era da attribuirsi solo alla violenza con cui le gocce si schiantavano sul casco. Fortunatamente le diciture sui guanti non hanno mentito e l'H2O è rimasta effettivamente Out. Com'era la strada? Sicuramente c'era e siamo riusciti a rimanerci sopra...
La sorte ci regala l'arresto del fortunale poco prima della salita del San Bernardino ma al nostro arrivo in cima è facile rendersi conto che la tempesta ci insegue e che la ridiscesa con ogni probabilità non sarà asciutta come la salita. Ad ogni modo qualche chilometro di curvette belle e tornanti, fa sempre passare l'umidità dalle ossa. Aspettiamo Picco, ma invano. A un certo punto veniamo informati di un ritardo non quantificabile da parte di Franco e quindi considerando la situazione meteorologica tendente alla fine del mondo, decidiamo di tornare all'ovile. I presagi sul ritorno sono stati pienamente confermati dai fatti e l'unico commento positivo sul tragitto è “almeno non ha grandinato” cosa che lascia immaginare quali altre secchiate d'acqua il vento ci abbia gettato addosso.
Giorno tre. Giro con Picco e gran finale serale. Apriamo la giornata con la visita al mini museo allestito in un capannone accanto alla cava, che mette in bella mostra alcune delle Ténéré che hanno partecipato alla Parigi-Dakar. Passa a trovarci (noi e la sua moto Dakar del 1992) anche Carlos Mas, campione spagnolo enduro dal 1979 al 1986, che annovera tra i suoi risultati anche il secondo posto alla Dakar del 1990. Inoltre fa bella mostra di sé la mitica HL 500 dell'altrettanto mitico Luciano Cavigioli. Il signor Cavigioli è un esuberante signore le cui primavere oltrepassano le sette decine, noto ex corridore enduro, preparatore e concessionario Yamaha, che non ha resistito alla tentazione e, ad un certo punto, ha estratto la sua creatura dal museo per farsi un paio di derapate in cava.
Per cui in barba alla sacralità museale egli non ha esitato a portare la propria tonante 500 fuori dalla sala per farci un paio di tornate attorno ai mucchi di ghiaia con dei bei traversi, meritandosi l'applauso finale degli astanti. Ed è pura passione quando, visto che nel mentre aveva cominciato a piovere, lo si sente raccontare di come lui nel fango.. eh si nel fango mi trovavo proprio bene, andavo forte...
In barba alla sacralità museale non ha esitato a portare la propria tonante 500 fuori dalla sala per farci un paio di tornate attorno ai mucchi di ghiaia con dei bei traversi, meritandosi l'applauso finale
Il giro con Franco Picco è stata una replica leggermente allungata di quello notturno di giovedì, con l'unica modifica nel fatto d'aver affrontato un ulteriore tratto sterrato, evitato precedentemente a causa del buio. Tra l'incolonnamento e il tipo di percorso, s'è trattato ovviamente di un'esperienza alquanto turistica, per un pilota del calibro di Franco. Fortunatamente la pioggia almeno ci ha graziato.
Siamo quindi arrivati alla celebrazione finale. All'interno del kartodromo sono stati portati tutti i modelli della Ténéré e sono stati fatti sfilare uno dopo l'altro, previa presentazione, da un punto del circuito fino al rettilineo di partenza, dove sono state schierate in parata. Sono stati premiati tre ragazzi russi per essere quelli venuti da più lontano, più di 2.000 km per arrivare, un ragazzo italiano ed uno austriaco per essere i più giovani, con i loro vent'anni.
A terminare della manifestazione è stato fatto un commosso ricordo di Jean Claude Olivier, capo di Yamaha Motor France per quarantacinque anni, durante i quali è stato anche pilota (al via alla prima Dakar del 1979 e secondo all'edizione del 1985 alle spalle di Gaston Rahier) e tecnico, oltre che dirigente, scomparso a gennaio in un incidente stradale. Alla commemorazione fatta dal cugino, si sono aggiunti gli affettuosi ricordi di Luciano Cavigioli e Franco Picco.
Domenica 25 agosto. Si torna. Ovviamente col tutone antipioggia indosso, anche se alla fine s'è rivelata una mossa più che altro prudenziale. E mentre scendiamo verso Chiavenna, ci accorgiamo di come, in quattro giorni, non abbiamo visto una sola macchina della polizia in giro per le strade svizzere. A parte due motociclisti ad accompagnare uno dei tour del club elvetico, nessuno. Tanto che quasi viene il dubbio che ci sia stata un minimo di complicità nel non essere troppo presenti, anche se è corsa voce che qualcuno in zona 30 orari sia stato sanzionato. E pensiamo che se è vero che il fermo immediato del veicolo se non si hanno i soldi per pagare sul posto la multa, è il tremendo spauracchio dei motociclisti italiani in giro per strade svizzere, è altrettanto vero che rispettare le regole è molto più facile rispetto a casa nostra. Ci sono sempre i cartelli di inizio e fine limite e non capita mai di trovarne uno che non abbia un senso. Invece mentre pensiamo a queste cose entriamo a Campodolcino, con la zona 30 che comincia e... non si sa dove finisce e un po' più in là ecco comparire i soliti cartelli da 50 o 70 km/h di limite senza senso alcuno. Ma questa è una polemica vecchia.
Rieccoci in città, lontano dagli sterrati e dalla possibilità di andarci. Un po' sporchi di terra, fuori e dentro e non sarò un cinghialone da pietraia ma il tutto non mi dispiace. Dopo aver visto e conosciuto tante persone unite questa bella passione, dopo aver sentito interminabili discorsi su come modificare questo, come aggiungere quell'altro... se lo modifichi così sta un po' più su ma se lo metti cosà gira meglio... non si può che ripensare allo slogan del raduno e concludere che se dopo 30 anni quell'idea affascina e coinvolge ancora così tanto, dev'essere proprio una bella idea.
Correva l'anno 1983 quando Yamaha decise di portare nelle concessionarie una moto dotata delle tecnologie sviluppate per i raid africani. Sospensioni sofisticate, freno a disco anteriore e grande autonomia, a disposizione di un motore affidabile e di un solido telaio. Nacque così uno dei modelli divenuti poi icona della casa giapponese, la XT600Z Ténéré. Ma oggi, dopo 30 anni di sviluppo quasi ininterrotto, come sarà in grado di svolgere, questa moto, il tema del viaggio nel contesto delle nostre strade?
Per rispondere a questa domanda balzo - si può dire visti i quasi 90 centimetri dal terreno della sella - sulla versione che meglio incarna lo spirito originario di questa moto, l'ultima monocilindrica XT660Z Ténéré, venduta a 7.290 euro.
La posizione di guida è ottimale, con le distanze dalla sella di pedane e manubrio ben concepite che consentono il perfetto controllo del mezzo e una postura comoda. La strumentazione è leggibile e completa, anche se forse in mezzo al deserto si potrà sentire la mancanza del termometro dell'acqua.
Ogni viaggio comincia con l'uscita dal centro urbano ed in questo contesto la Ténéré fa valere la propria agilità, data dai ridotti ingombri trasversali, dalla maneggevolezza e dall'erogazione lineare e priva di strappi del motore, a meno di non volerlo costringere a regimi molto bassi con una marcia alta inserita. Anche con il set di tre valige rigide montate, non si perde la capacità di muoversi con disinvoltura nel traffico, vista la scarsa prominenza dell'accoppiata ai lati della moto, pur garantendo una capacità complessiva di 90 litri. Il peso non proprio piuma infastidisce meno dell'altezza sella negli spostamenti della moto a propulsione muscolare.
Le sospensioni concepite per il fuoristrada assorbono le asperità, anche ingenti, delle italiche vie in totale souplesse, con movimenti ampi alla bisogna ma sempre controllati. Nonostante il motore allunghi senza apparenti sforzi verso la zona rossa del contagiri, è meglio sfruttare la coppia a medi regimi.
Le vibrazioni rimangono su livelli contenuti e alle giuste andature, in quarta sui 70 km/h o in quinta sui 90, il viaggio risulta confortevole anche su distanze considerevoli. Tra le curve la sensazione è piacevole e dà gusto. L'inserimento è rapido e dolce così come il cambio di direzione. La dinamica è neutra ed il motore ha la spinta necessaria per tirarci fuori dalle curve senza patemi. Ottima la frenata, potente e modulabile.
E l'autostrada? Siamo un po' fuori dall'habitat di questa moto ed emerge qualche limite. A causa del cupolino stretto e appuntito la protezione aerodinamica lascia in balia delle correnti le spalle e la parte superiore del casco, creando qualche rumore di troppo e tenendo la velocità ai limiti del codice della strada, alla lunga la cosa può infastidire. In questo frangente le vibrazioni, presenti su pedane e manopole, col passare di parecchi chilometri possono diventare fastidiose.
Pregevole la disponibilità del propulsore nel frullare veloce, consentendo andature brillanti. In questo caso però tende a venire meno un'altra caratteristica positiva del monocilindrico ovvero i consumi contenuti, ma si tratta della giusta conseguenza al voler costringere questa moto in una situazione che non le è propria. Su strada statale, con andatura turistica, la moto ha percorso più di 21 km con un litro di benzina, portando l'autonomia ben oltre i 450 km, pur dovendo prendere dimestichezza con un indicatore un po' lunatico e con una riserva superiore ai 4 litri. Giocando con la manetta in città o tenendo medie autostradali che solleticano le tolleranze dei Tutor è facile perdere per strada un centinaio di chilometri di autonomia.
Mario Tonazzi