Restaurando fai da te: Ducati Scrambler 250 1972

Restaurando fai da te: Ducati Scrambler 250 1972
La rubrica dei restauri di moto d'epoca realizzati dai lettori di Moto.it. Il restauro di un'icona italiana
5 marzo 2018

Ducati Scrambler, oggi parleremo di una delle moto di maggiore successo dell’epoca a cavallo tra gli anni ‘60 e ‘70 in Italia. Una moto che è tornata di gran moda negli ultimi anni, talmente tanto da spingere la casa di Borgo Panigale a replicarla in chiave moderna che certo, è bella, ma il cui fascino può solo cercare di avvicinarsi a quello del modello originale.

Questo modello di Ducati era stato ideato nel 1961 dietro richiesta dell’importatore statunitense Berliner Motor Corporation che, sulla scia delle moda delle moto scrambler, aveva espresso il desiderio che Ducati producesse un modello appetibile per i clienti a stelle e strisce. I primi prototipi di Ducati Scrambler OHC 250 furono immessi nel mercato a fine 1961 e, visto il gradimento, furono commercializzati in forma definitiva a partire dall’anno successivo.

Pubblicità americana Ducati Scrambler
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Solo nel 1966 la Scrambler approdò in Italia e, visto il successo non proprio straordinario vista la cilindrata ridotta, dall’anno successiva fu introdotta anche una versione da 350 cc. Sempre nel ‘67 i primi prototipi della seconda serie venivano messi a dura prova da Bruno Spaggiari, a cui spettava il compito di scovare i difetti del nuovo modello, soprattutto la resistenza del nuovo propulsore a carter larghi.

Per la nuove versione i designer di Borgo Panigale erano riusciti a disegnare delle linee eleganti, classiche, ma al contempo abbinate da colori abbastanza inusuali, come il giallo, l’arancione ed infine il blu che, abbinate alle cromature, le conferivano un carattere più dinamico e moderno. Non solo il design però era di qualità infatti anche la componentistica era di alto livello con forcella telescopica Marzocchi e i cerchi Borrani.

All'epoca la pubblicità di Ducati per la Scrambler si rivolgeva sia al pubblico maschile che a quello femminile, con un riferimento palese alla cultura hippie, assai diffusa in quel periodo.

Locandina Ducati Scrambler
Locandina Ducati Scrambler

Nonostante le caratteristiche tecniche all’avanguardia, a causa del ritardo sulle concorrenti quali ad esempio la Kawasaki 350 A/SS, sul mercato americano il successo fu ben al di sotto delle aspettative mentre, in Europa, il destino della Scrambler fu ben diverso, con vendite più che soddisfacenti, tanto da dover costringere la Ducati ad affidare parte della produzione alla spagnola Mototrans, azienda sotto il controllo della stessa Ducati.

Purtroppo i dati riguardanti la produzione non sono conosciuti, specialmente per quanto riguarda la prima serie. Per quanto concerne invece la seconda serie, si stima che in totale siano stai prodotti circa 50.000 esemplari.

Ora però, lascio lascio la parola a Luca Bertini, il protagonista del restauro di una Ducati Scrambler 250 del 1972. Luca ha documentato il restauro su un blog che lui stesso ha creato, Luke3d Garage.

“La Scrambler è stata acquistata nell’estate del 2010 dopo averne cercata una decente per quasi un anno. La moto dei desideri era una 350 nella colorazione arancione, ma questa 250 gialla, trovata a più di 400 km da Firenze, si presentava completa ed apparentemente in ordine.

La moto prima del restauro
La moto prima del restauro

Ricordo benissimo il primo giro di prova. Sono i primi di settembre e con un esonero controfirmato dal Vescovo di Firenze che mi solleva dagli obblighi familiari, mi preparo di tutto punto e parto. Poco prima di uscire dal garage penso: “mah, mettiamo una 10, una 13 ed un cacciavite nella borsa, si sa mai”.

Esco da Firenze e mi dirigo verso il Mugello, imbocco la via Bolognese ed inizio a salire verso le colline. La moto non gira tondissima, intorno ai 3500 giri è molto ruvida, ogni tanto scoppietta dalla marmitta, prima solo in rilascio e poi anche accelerazione e poi sempre peggio, peggio e peggio ancora… inizio così a ripetere il mantra “ Nostra Signora della Santa Accelerazione, non mi abbandonare proprio adesso”.

Arrivo a 40 km da casa e il vecchio barroccio va solo con il gas tutto aperto e con marce basse in modo da stare alto di giri. Scoppietta, starnutisce e tossisce come nonna Rosa la mattina alle 9 dopo aver già fumato mezzo pacchetto di sigarette.

In questi momenti ti passa davanti tutta la vita motocilistica e pensi a tutto pur di scacciare il pensiero dell’onta dovuta ad una moto che ti lascia nel mezzo di strada. Mi viene in mente che l’ultima volta che sono rimasto a piedi era con una RD350, avevo 20 anni di meno e molta più pazienza di oggi (l’impianto elettrico dell’RD decise di andare in corto mentre ero a 140km/h sull’Aurelia, la moto di colpo si spense e ci fu un inizio di incendio e solo il santino di Cereghini dentro il portafogli mi salvò). Ritorno alla realtà e vengo assalito da una voglia irrefrenabile di buttare il Ducati nel mezzo del lago di Bilancino.

Nei dintorni di Barberino inizio ad avere comportamenti bipolari: da occhi sgranati ed urla a piena voce maledicendo tutta la scuola motoristica italiana, ad improvvise lacrime e voce rotta dal pianto mentre sussurro insensate frasi d’amore alle coppie coniche. Sta di fatto che per fortuna, o più probabilmente per clemenza divina (da buon toscano i santi volavano via come il panettone a Natale) riesco a rientrare a casa.

La faccio breve, la Scrambler, per qualche congiunzione astrale, impiombava la candela e mi mollava sul più bello, prima di trovare la soluzione, a suon di prove, ho fatto fuori più di 10 candele. Non nascondo che nei mesi successivi ho pensato più di una volta di abbandonare la Ducati in un fosso in piena e tornarmene a casa a piedi dicendo agli amici che me la avevano rubata.

Il motore durante lo smontaggio
Il motore durante lo smontaggio

Da quella prima avventura il motore è stato smontato quasi completamente. È stata revisionata la testa, rettificato il cilindro, cambiato il pistone e pulito il famoso filtro centrifugo sull’albero motore. È stata carburata con precisione, cambiata l’accensione da elettronica a puntine (nei vari deliri per risolvere la candela piena di fuliggine), revisionato il carburatore, controllato l’impianto elettrico, cambiate 3 bobine (sempre nel delirio da candela impiombata).

Una volta soddisfatto del motore sono passato al telaio: è stato smontato tutto, sabbiato e verniciato infelicemente a polvere (risultato pessimo). I cerchi sono stati cromati per recuperare gli originali. L’impianto elettrico è stato revisionato e riutilizzato. La forcella e gli ammortizzatori sono stati smontati e revisionati, il serbatoio trattato con il famoso “liquido rosso” protettivo, il clacson è stato smontato e poi riverniciato/cromato. Gli strumenti sono stati revisionati, la bulloneria originale nella marcatura, è stata tutta riutilizzata. Non voglio scendere troppo nel dettaglio ma dove possibile sono stati riutilizzati i pezzi originali anche se sarebbe costato meno acquistarli nuovi anziché restaurare i vecchi.

Dettagli del restauro
Dettagli del restauro

È una moto che si restaura abbastanza facilmente, si trova ancora qualche pezzo originale e comunque molti pezzi sono stati riprodotti, anche se la qualità non è eccellente.

Il motore del 250 è molto povero di cavalli ma se vi accontentate di andarci a spasso come fosse una Vespa 150 è la moto che fa per voi. La seduta non è comodissima e dopo qualche decina di Km il fondoschiena inizia a lamentarsi, ma la moto non è solo potenza e velocità ed il piacere della guida e le sensazioni che dà vanno ben oltre la scomodità di una sella. Mettetela in ordine da soli e godete di questa motoretta che tanto ha rappresentato dal punto di vista motociclistico e sociale negli anni 70.

 

Avete restaurato anche voi una moto d'epoca? Mandateci le foto e i dettagli del restauro. Le documentazioni più complete verranno pubblicate su Moto.it. Inviate una mail con il vostro materiale a: [email protected]

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