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Honda CB 750 Four, chi non ne vorrebbe una nel proprio box? In questa puntata di Restaurando parleremo di una di quelle classiche senza tempo, sempre di tendenza e che ha fatto brillare gli occhi a chi, negli anni '70, sognava una moto sportiva che guardasse verso il futuro. Negli ultimi anni le richieste per le due ruote appartenenti alla famiglia CB Four sono impennate e, se da una parte c’è chi le trasforma in cafè racer grazie alla loro versatilità, c’è anche chi, come in questo caso, ha voluto valorizzare e riportare agli antichi splendori il capolavoro della casa di Hamamatsu.
Presentata il 25 ottobre 1968 al Solone di Tokyo, la Honda CB 750 Four si poneva come una rivoluzione all’interno del mercato delle moto sportive, dotata di un motore da 750 cc, capace di erogare 67 CV, adottava un sistema frenante a comando idraulico con freno a disco anteriore da 290 mm, dettaglio non da poco, visto che fu la prima moto di serie ad adottarlo, soprattutto se si considera che la concorrenza adottò ancora il tamburo per alcuni anni.
A proposito di concorrenza, Honda si differenziava dalle proprie concorrenti, quali Norton Commando, BMW R75/5, Ducati 750 GT, Moto Guzzi V7 Sport, Laverda SF, Suzuki 750 GT e Kawasaki 750 Mach IV, portando un motore quattro cilindri a quattro tempi su una moto prodotta in scala industriale, innovativo rispetto ai motori a due cilindri o ai tre cilindri a due tempi delle altre giapponesi. Altro dettaglio che differenziava la Honda CB 750 Four dalle altre, era l’accensione elettrica che affiancava quella a pedale.
Le prestazioni della CB 750 Four erano di tutto rispetto: grazie al motore da 67 CV a 8.000 giri, questa giapponese era in grado di raggiungere i 200 km/h, coprendo i 400 metri da fermo in 13,5 secondi, con una velocità di uscita che superava i 160 km/h.
La prima versione, la K0,venduta dal 1968 al 1970, era disponibile nelle colorazioni Candy Ruby Red, Candy Blue Green e Candy Gold e si distingue dai modelli successivi per la sella che, nella parte posteriore, aveva un piccolo rigonfiamento, quasi ad emulare un accenno di sella monoposto, molto in voga in quegli anni.
Il 1970 vede l’arrivo della serie K1 che, oltre a dei fianchetti di forma più tondeggiante e alla sella piatta, guadagna la colorazione Candy Garnet Brown e la colorazione Valley Green Metallic, che sostituisce il Candy Blue Green. Nel 1971 arrivò la K2 con un disco anteriore maggiorato, di 296 mm di diametro, nuovi supporti cromati e con le spie spostate al centro del manubrio.
Negli anni successivi arrivarono nuove versioni, nel 1973 arrivò la K3, nel 1974 la K4, l’anno successivo la K5 e a seguire la K6, la K7, venduta tra il 1976 ed il 1977 e ultima la K8, venduta fino a maggio 1978. Le differenze tra le varie versioni furono minime, con nuove grafiche e colorazioni per la carrozzeria e nuove grafiche e sfondo per la strumentazione.
In totale le Honda CB 750 Four prodotte furono approssimativamente 450.000 di cui 77.000 solo in versione K1, la più apprezzata.
Oggi, la moto protagonista del restauro è proprio una Honda CB 750 Four K1, recuperata da Soiatti in un fienile, in cui giaceva totalmente smontata da più di 25 anni. Se da una parte l'averla già trovata a pezzi potrebbe far sembrare il lavoro più veloce, dall'altra, però, rende molto più complicata l'identificazione dei particolari mancanti.
Il lavoro è quindi cominciato con un censimento dei componenti presenti, così da valutare la completezza del mezzo e verificare i particolari che dovessero essere sostituiti. Mancava lo scarico originale, sostituito con un 4 in 1, cosa molto comune all'epoca e, in generale, lo stato d conservazione non era ottimale.
Il motore, trovato completamente smontato, necessitava di una revisione totale: pistoni e cilindri non necessitavano di particolari interventi, sono state controllate le bronzine, l'albero motore e le bielle, terminando poi con la sostituzione della catena di distribuzione, pattino catena, catena primaria e tutta la trasmissione.
Una volta rimontato il motore, debitamente sabbiato e con i carter e coperchi valvole lucidati, si è passati ai carburatori che sono stati completamente smontati, puliti con tecnologia agli ultrasuoni e infine revisionati con l'installazione di quattro kit di revisione che comprendono spillo, chiusura galleggiante, polverizzatore, getto minimo, getto massimo e guarnizioni. L'impianto frenante è stato revisionato completamente da Soiatti, così come la forcella e la coppia di ammortizzatori posteriori.
Il telaio è stato sabbiato e riverniciato nel tipico colore nero, i raggi delle ruote sono stati spazzolati e zincati, mentre i mozzi, così come i cerchi, sono stati lucidati.
Ovviamente, dopo così tanti anni di incuria, anche le parti cromate necessitavano di essere riviste, così è stata cromata la molla deglli ammortizzatori posteriori, così come i parafanghi anteriore e posteriore, il manubrio e tanti altri dettagli.
Una parte estremamente importante per la buona riuscita del restauro è la verniciatura, viste le colorazioni così specifiche di queste moto; il serbatoio, così come il supporto faro, è stato sabbiato e, assieme ai fianchetti, è stato riverniciato nella tinta già presente in origine che era Candy Ruby Red.
Una volta terminata la verniciatura, Soiatti ha rimontato la moto, senza dimenticare di revisionare i tipici strumenti circolari a fondo verde scuro e fondoscala del contagiri rosso, sostituire l'imbottitura e della sella e la sua fodera, saldata a frequenze, applicando infine lo scarico originale, nuovo, 4 in 4.
Questo restauro è stato estremamente impegnativo e ha richiesto a Soiatti circa 160 ore di manodopera, per un totale, componentistica nuova, verniciatura e cromatura comprese, di 8.000 euro, una cifra certamente importante ma che ha permesso di salvare una moto che altrimenti, con ogni probabilità, avrebbe terminato la propria carriera da qualche sfasciacarrozze.
Se doveste essere interessati all'aspetto più tecnico di questo modello e anche della Kawasaki 900 Z1 Super Four, modello che fece grande concorenza ad Honda, vi consigliamo la lettura di un articolo del nostro specialista Massimo Clarke.
Avete restaurato anche voi una moto d'epoca? Mandateci le foto e i dettagli del restauro. le documentazioni più complete verrano pubblicate su Moto.it.
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