Restaurando, quinta puntata: Yamaha XT 600 Ténéré 34L

Restaurando, quinta puntata: Yamaha XT 600 Ténéré 34L
La rubrica di Moto.it in collaborazione con lo specialista Soiatti Moto Classiche di Novara. Oggi parleremo di una moto che ha fatto sognare la Dakar a generazioni intere
4 aprile 2017

Lo ammetto, non ero ancora nato negli anni '80, quando la febbre della Parigi-Dakar aveva contagiato un'intera generazione di giovani; tuttavia, a distanza di un paio di decenni, la “Tenerite” ha colpito anche me. La moto di cui vi parlerò oggi, infatti, è la mia personale, una Yamaha XT 600 34L Ténéré del 1983, acquistata in uno stato apparentemente buono ma che, poco dopo, si era dimostrata essere stata un po' troppo maltrattata in passato.

Dopo pochi chilometri dall'acquisto, infatti, il motore aveva cominciato a trasudare pesantemente, l'ammortizzatore posteriore aveva cessato di funzionare, se non per la molla che faceva quello che poteva; la pedivella di avviamento si era spezzata danneggiando l'alberino, e l'impianto elettrico era stato riparato con nastro adesivo da giardinaggio. In poche parole: un disastro.

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Senza farmi prendere dallo sconforto, ormai cinque anni fa, affidai la moto a Soiatti, ma prima di raccontarvi il restauro, come di consueto, farò qualche cenno storico sulla moto che più di tutte ha proiettato nel futuro il segmento delle enduro, dopo il successo della leggendaria XT500.

Era l'ottobre del 1982 quando al Motor Show di Parigi Yamaha svelò per la prima volta la Ténéré. Arrivare alla produzione del modello non era stata cosa facile. Mentre in Europa la Dakar attirava milioni di fan, i vertici Giapponesi rimasero sorpresi quando da Yamaha Europe - sollecitata dal carismatico leader della Sonauto, il compianto Jean Claude Olivier - si videro inoltrare la richiesta di riprodurre una moto replica delle XT500 e XT550 allestite per la competizione africana.

Dopo avere ricevuto il benestare da Iwata, gli ingegneri cominciarono a progettare prototipi basati sull'ultimo modello da loro prodotto: la XT 550. Il serbatoio fu incrementato fino alla capacità di 30 litri, il forcellone in alluminio godeva della sospensione posteriore progressiva Monocross, la cilindrata salì a 595 cc - con 43 cv dichiarati, e fu aggiunto un freno a disco all'anteriore a sostituire il tamburo,confermaro al posteriore.

Fin da subito, la duplice livrea proposta da Yamaha diventò motivo di attrazione per il pubblico: bianca con le classiche strisce di quadrati rossi, i colori istituzionali Yamaha, oppure blu con le stesse grafiche in nero, ispirata a colori del Team Sonato/Gauloises di Yamaha Motor France. Era una moto priva di fronzoli e badava tanto alla sostanza. L'avviamento era prettamente a pedivella, il cupolino era ridottissimo e il serbatoio molto capiente, elemento essenziale per i rally.

Tornando a noi, nonostante la base di partenza non fosse un caso tanto disperato rispetto a quanto visto nelle ultime puntate di Restaurando, si è deciso di eseguire un restauro totale, vista la necessità di rimuovere il motore dal telaio.

Restauro da eseguire rigorosamente a regola d'arte, con componenti nuovi che, oltre ad essere esteticamente belli, potessero dare alla moto l'affidabilità di cui avevo bisogno per viaggiare.

La prima vera operazione, quindi, è stata la ricerca di tutte le componenti da sostituire, tra i quali: copertina sella, mascherina porta faro, porta targa, passa catena, cuffia ammortizzatore posteriore, manopole, specchietti, kit di adesivi e anche il terminale di scarico. Quest'ultimo era da sostituire poiché l'interno di quello montato era completamente arrugginito.

Il primo passo è stato quello di denudare la moto per arrivare al telaio che, in quasi trent'anni di vita, era stato più volte ritoccato con diverse tonalità di rosso e in alcuni punti presentava della ruggine; inoltre la piastra d'attacco del cavalletto stava cedendo. Il telaio quindi è stato riparato, sabbiato e riverniciato nella giusta tinta.

I cerchi, il cui alluminio aveva cominciato a fiorire, sono stati smontati e sottoposti ad anodizzatura. I raggi, così come la bulloneria della moto, sono stati zincati, idem per i nippli, in questo caso zincati con tropicalizzatura, proprio come in origine.

Il motore è stato completamente smontato e revisionato: il cilindro è stato rettificato ed il pistone sostituito, così come la catema di trasmissione. Una volta riassemblato, il motore è stato riverniciato nell'originale nero traslucido e le alette del cilindro lucidate. Il carburatore a doppio corpo è stato revisionato, ed i collettori sostituiti.

Si è poi passati al reparto sospensioni. La forcella è stata revisionata, gli steli ricromati e i foderi lucidati e messi sotto trasparente; quanto l'ammortizzatore, è stato rigenerato e la molla riverniciata. Per quanto riguarda il forcellone che, essendo la moto una prima serie, ha i registri interni, lo si è sottoposto a trattamento antiossidante, come in origine.

L'impianto elettrico è stato totalmente rifatto, l'impianto frenante revisionato e, per finire, la sella è stata imbottita con della schiuma nuova ed è stata rivestita una copertina nuova originale, con le cuciture termosaldate.

Una volta riverniciati serbatoio e fianchetti e riassemblata la moto, sono stati installati i nuovi strumenti, che andavano a sostituire quelli non funzionanti, e gli introvabili paramani nuovi.

Chi di voi, come me, è stato colpito dalla febbre della Dakar? Avete qualche ricordo legato a questa moto?

Nella galleria, sperando di fare una cosa gradita a chi, prima o poi, si dovesse cimentare in una operazione di restauro, ho incluso le foto di alcuni dei pezzi che ho sostituito, con accanto il numero di referenza per facilitarne la ricerca.

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