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"Falli impazzire col tuo nuovo Gilera!". Tutto ebbe inizio da questa campagna pubblicitaria che convinse più di 20.000 ragazzini italiani ad acquistare la Gilera 50 5V Trial. Facciamo però un piccolo passo indietro nella storia. Era la fine del 1969 quando, dopo anni di bilanci disastrosi, Giuseppe Gilera decise di cedere il marchio di Arcore alla Piaggio, unica società in grado di salvarlo. L'arrivo della Casa di Pontedera rivoluzionò completamente le strategie commerciali e l'offerta dei modelli a marchio Gilera. La creazione di "cinquantini" che strizzavano l'occhio ai più giovani venne accompagnata da una una massiccia campagna pubblicitaria, inedita per la stessa Gilera, permettendo così di imporsi sul mercato.
Nel 1971, prima che fosse ancora commercializzato, Gigi Crosa, uno studente genovese di 24 anni, decise di tentare la difficile impresa di arrivare in vetta al Kilimanjaro, proprio in sella ad un prototipo di Gilera 50 5V Trial. Accompagnato dal fratello, purtroppo, dovette fermarsi a quota 5.180 metri, a 715 metri circa dalla vetta. Nonostante ciò i fratelli Crosa conquistarono il primato delle motoscalate, e tanto bastò per far guadagnare alla Gilera 50 5V Trial la fame di moto performante e particolarmente resistente.
Grazie a questa coraggiosa impresa, grazie anche al periodo particolarmente prosperoso per le gare di regolarità e al prezzo in linea con la concorrenza, il successo della 50 5V Trial (denominazione peraltro nemmeno troppo attinente a quel modello) era assicurato.
Disponibile presso i concessionari a partire da fine 1971, il prezzo del "Gilerino" era di 184.000 lire franco fabbrica, il che lo posizionava di poco al di sopra al Garelli Tiger, che costava di 177.000 lire, e al di sotto del Fantic TX9 Caballero P6, che si spingeva a quasi 200.000 lire. Rimanevano invece più abbordabili i figli dei progetti degli anni '60, quali la Benelli Trial e la Moto Guzzi Dingo Cross. Oltretutto, per accattivarsi maggiormente il pubblico giovanile, deluso dalla potenza - a norma di legge - di soli 1,5 CV, era stato introdotto dalla stessa Gilera il kit ufficiale 7HP, che promettava quindi di incrementare notevolmente la cavalleria.
Il design fresco e le linee filanti del 5V facevano gola a tanti, proiettando la moto per “piccoli” verso il mondo dei “grandi”, grazie a tratti somiglianti alle più potenti 125 e 150 Arcore.
La moto di cui vi parliamo oggi, una primissima serie con librettino datato settembre 1971, ha la carrozzeria verniciata con il caratteristico colore caffellatte ed il telaio in tinta bronzo.
Purtroppo, quando questa motoleggera è stata doanata a Soiatti - fatto più unioco che raro - il colore del telaio era nero, con uno strato inferiore verniciato di rosso e, alla fine, si intravedeva il colore originale. Fatto curioso, quanto agghiacciante per un restauratore: Lo strato di nero era stato dipinto a pennello, senza risparmiare nemmeno la bulloneria! La moto, oltre ad essere stata notevolmente pasticciata, era già parzialmente smontata e con svariati particolari mancanti.
Trovare le tinte originali non è stata cosa semplice. Dopo una prima, infruttuosa, ricerca sia da Max Meyer che da Lechler, è stato il ritrovamento di un vecchio catalogo proprio della Max Meyer a risolvere positivamente il problema.
Per quanto riguarda i particolari assenti all'appello, Soiatti ha svolto un paziente lavoro di ricerca su Internet, riuscendo a trovare la mascherina del fanale, le fascette metalliche ferma cavi al telaio e quelle in gomma per i bowden, derivati da quelli Piaggio, mentre il clacson originale gli è stato regalato da un amico.
Il motore, che tutto sommato non versava in condizioni pietose, aveva il cilindro rovinato a causa dello sfilaggio di un fermo dello spinotto. È stato recuperato un pistone nuovo, originale, e dopo un lungo lavoro è stato ripristinata la giusta forma delle luci, affidando poi il lavoro ad uno ad uno specialista che ha rimosso la cromatura e ricromato il tutto con il giusto spessore. Per completare il lavoro al motore, infine, sono stati cambiati cuscinetti e paraoli. I carter esterni sono stati lucidati, mentre il resto è stato sabbiato, come in origine.
L'impianto di scarico, di difficilissima reperibilità, è stato salvato con un'accurata operazione di risanamento volta ad eliminare la ruggine interna e, infine, è stato cromato.
Grande pazienza è stata richiesta per la ricerca del manicotto di gomma che si interpone tra collettore e scarico. Un diametro sbagliato del manicotto di gomma avrebbe infatti comportato un trafilaggio di olio incombusto tra il collettore e la ghiera che lo fissa al cilindro, causata dalle vibrazioni della grossa marmitta, attaccata al telaio in un solo punto.
I cerchi sono stati sottoposti a cromatura, mentre l'impianto frenante, revisione a parte, ha subìto solo un trattamento estetico.
L'unico dettaglio non conforme all'originale, come tiene a precisare Daniele Soiatti, è la copertina della sella. Nonostante le infinite ricerche, infatti, non gli è stato possibile reperire quella di origine, con le costolature trasversali stampate sulla fodera. Si è quindi dovuto accontentare di una riproduzione, fatta su misura, sulla quale le costolature sono state cucite a macchina. Purtroppo, come si vede dalle immagine, la copertina originale era totalmente inutilizzabile.
Tirando le somme di questo restauro, le ore di manodopera dedicate a questo progetto sono state circa 80, mentre la cifra spesa tra componentistica e verniciatura si attesta a quota 2.000 euro.
Un particolarità di questa moto? Il comando del cambio, posto a sinistra, ha la prima verso l'alto, come il Gilera Giubileo che, però, lo montava dal lato opposto.
Avete restaurato anche voi una moto d'epoca? Mandateci le foto e i dettagli del restauro. le documentazioni più complete verrano pubblicate su Moto.it.